Criminalità minorile, il primato etneo «Più arresti solo a Roma, quattro volte più vasta»

«Anche quest’anno dev’essere rilevata una presenza della criminalità minorile catanese su livelli da primato nazionale». Inizia così il report annuale sulla Giustizia minorile a Catania. Il documento, curato dal presidente del Tribunale per i minorenni di Catania Maria Francesca Pricoco e inserito nella relazione annuale della Corte d’Appello, non fa che confermare un quadro che si mantiene simile dai primi anni ’80, quando a lanciare l’allarme sulla diffusione dei reati commessi da minori fu l’allora presidente Giambattista Scidà. «Troppi ragazzi sono a contatto di contesti di criminalità, anche organizzata, e la diminuzione dei minori arrestati rispetto all’anno precedente non è indice di miglioramento, ma di una maggiore difficoltà delle forze dell’ordine di far fronte alle emergenze sul territorio», scrive Pricoco. Una condizione di difficoltà che si associa «al 35 per cento di dispersione scolastica, contro il 17 per cento della media nazionale, alla quale si aggiunge l’assenza a Librino di scuole superiori, mentre in Sicilia manca ancora, caso unico in Italia, un Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza».

Nella relazione, particolare rilievo viene dato agli ingressi nei Cpa, i centri di prima accoglienza, che danno un quadro numerico di riferimento per quanto riguarda gli arresti di minorenni. Nella struttura etnea di via Franchetti è stato portato in questi giorni anche D. T., uno dei quattro ragazzi – due dei quali minorenni – che il 27 gennaio hanno tentato una rapina al distributore Agip della Tangenziale di Catania. Rapina finita con un 18enne morto e un 14enne ferito alla testa dai colpi di un poliziotto fuori servizio che si trovava sul posto. E non è questo l’unico punto di contatto tra la cronaca e il quadro tracciato dalla relazione: sembra infatti che almeno uno dei due minorenni – tutti della zona Sud di Catania – avesse abbandonato gli studi, nonostante in età da scuola dell’obbligo.

Nel capoluogo etneo, nei primi sei mesi del 2014, sono stati 64 i minori trasferiti nel Cpa, contro i 245 di Roma. Mentre l’anno precedente, il 2013, aveva visto 130 ingressi a Catania contro i 540 della capitale. «Il dato in relazione alla popolazione dice che il coefficiente di arresti di minori su diecimila abitanti è il secondo d’Italia, subito dopo la Corte d’Appello di Roma – si legge nella relazione -. Il dato è ancora più preoccupante ove si consideri che il Tribunale per i minorenni di Roma è l’unico della regione Lazio mentre quello di Catania è uno dei quattro tribunali siciliani per minorenni». Particolarmente allarmante anche la natura dei reati: «Nel distretto di Catania quelli indicati in percentuale maggiore riguardano i reati in violazione della normativa sugli stupefacenti, anziché del patrimonio, e per la gran parte riguardano reati commessi nella città di Catania anche nell’ambito della criminalità organizzata». 

Da primato negativo nazionale anche il numero di minori sottoposti a regime di sorveglianza: «Nel distretto della Corte d’Appello i due istituti penali minorili presenti raccolgono il maggior numero di detenuti rispetto agli altri istituti esistenti sul territorio nazionale», conclude il documento a firma di Pricoco. Secondo i dati ufficiali diffusi dal ministero della Giustizia, l’istituto penitenziario minorile di Catania ha accolto 49 minori, ai quali si sommano i 26 dell’Ipm di Acireale. A Roma, e quindi in tutta la regione Lazio, il totale si ferma a 86.

Leandro Perrotta

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