«È necessaria una drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone in modo da alleggerire la pressione sui servizi sanitari. La popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile». Le poche righe, inserite a metà del 25esimo report settimanale prodotto dall’Istituto superiore di sanità sull’emergenza Covid, sintetizzano e confermano la tesi dei medici: una nuova chiusura generale per l’Italia è necessaria. L’assunto accompagna un aggiornamento del monitoraggio che vede la stima dell’Rt per la Sicilia in calo: da 1.4 potrebbe scendere a 1.28.
I casi totali in Sicilia a partire dal 26 ottobre sono stati 28.035 casi. Con un’incidenza di oltre 123 casi ogni 100mila abitanti, nella settimana che va dal 26 ottobre all’1 novembre. La possibile discesa dell’indice Rt, che descrive il grado di trasmissibilità del virus tra le persone, potrebbe portare l’isola in uno scenario di rischio di livello 2 (attualmente è 3), ma a ciò non seguirà automaticamente un allentamento delle misure restrittive, ovvero un passaggio dalla fascia arancione alla gialla.
Come in questi giorni è stato più volte ripetuto, i parametri di cui gli esperti tengono conto sono molti di più. Tra questi a interessare da vicino la Sicilia, perché ritenute concrete allerte legate al sistema sanitario, sono la percentuale di tamponi positivi e il numero di casi confermati di infezione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica: nel primo caso, l’indice nell’isola passa dal 7,9 al 12,2 per cento; nel secondo, invece, il dato dice che in Sicilia a ottobre sono stati 8880 su 10.616 i contagi a cui è seguita un’indagine epidemiologica a regola d’arte, per una percentuale – in calo rispetto all’arco temporale precedente – del 83,6 per cento dei casi. A fare peggio sono la Lombardia (dove i casi in assoluto restano molti di più), la Liguria, la Toscana e la Valle d’Aosta.
Altro tema di cui si è discusso riguarda la percentuale di posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti Covid e quello riguardante il tasso di occupazione dei posti di area medica. A inizio mese i dati in possesso del ministero, e facenti riferimento alla dotazione comunicata dall’assessorato regionale alla Salute, parlavano di un 19 per cento di saturazione in terapia intensiva mentre uno su quattro erano quelli occupati in area medica. Entrambe le percentuali, tuttavia, con l’aumento dei casi in questi primi dieci giorni del mese, rappresentano già una fotografia superata.
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