«Plausibile prevedere che la graduale riapertura possa ragionevolmente partire dalla data del 4 maggio con le attività a più basso rischio». A sostenerlo è il comitato tecnico-scientifico che dall’inizio dell’epidemia collabora con la Regione Siciliana. Una tesi che arriva «alla luce degli incoraggianti dati del contenimento della pandemia nel territorio regionale, visti i tassi di occupazione dei posti ospedalieri e della capacità ricettiva dell’intera rete ospedaliera siciliana delle terapie intensive, alla verifica dell’adeguata capacità di monitoraggio, inclusa la capacità di effettuare test diagnostici su vasta scala per individuare e monitorare la diffusione del virus, combinata al tracciamento dei contatti e a valutazione dell’efficienza e della efficacia del sistema di monitoraggio e gestione territoriale».
La previsione del comitato – fa sapere la Regione Siciliana – è stato condiviso dal presidente Nello Musumeci con il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e inviato al governo Conte. Gli esperti «sono partiti dall’analisi dei criteri indicati nella tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della Covid-19 in relazione alla risposta che il sistema regionale è stato capace di dare sino a ora», si legge in una nota di palazzo d’Orleans.
Ad alimentare l’ottimismo sono stati la riduzione e stabilizzazione del numero giornaliero di positivi, l’andamento dei dati riguardanti i pazienti ricoverati in ospedale, specialmente quelli che necessitano di terapia intensiva, ma anche la capacità di monitoraggio ritenuta adeguata alla situazione. «Non tutte le attività lavorative espongono lavoratori e utenti allo stesso rischio di contagio», affermano i componenti del comitato tecnico scientifico facendo riferimento alla cosiddetta fase due. Quest’ultima sarà inevitabilmente accompagnato dall’uso di dispositivi di protezione individuale che «diventeranno indumenti comuni nella vita di ciascuno».
In tal senso il pensiero va già al fabbisogno di un bene che in queste settimane è stato oggetto di speculazioni da parte di soggetti interessati a lucrare sull’emergenza, ma più in generale di difficile reperibilità. La Regione rilancia così «l’azione condotta da diverse aziende siciliane impegnate in una nuova avventura produttiva». Per il comitato «è necessario il consolidamento da parte di Università e centri di ricerca regionali, in tempi brevissimi, di un processo di certificazione dell’idoneità dei materiali possibilmente idonei alla creazione di mascherine da mettere a disposizione di tutte le imprese che ne facciano richiesta al fine di riconvertire i loro processi produttivi».
Gli esperti ribadiscono l’esigenza di reperire quantitativi sufficienti di test diagnostici in modo da consentire un monitoraggio costante dell’epidemia. Si è proceduto anche all’individuazione di quattro livelli di rischio di esposizione al virus, ai quali associare le categorie di lavoratori. Quelli più a rischio sono ovviamente i medici e il personale sanitario, ma anche quanti sono chiamati alle operazioni di sanificazione e il personale delle agenzie di servizi funebri. Nella seconda categoria rientrano invece le figure che, per lavoro, possono entrare frequentemente con soggetti potenzialmente positivi: fattorini, forze dell’ordine, commessi. Probabile che si vada per l’installazione di barriere antirespiro nei negozi.
A basso rischio, invece, sono ritenuti gli impiegati che svolgono professioni che non richiedono il contatto con persone sospettate di contagio. Per questa categoria, il comitato suggerisce «l’implementazione di una corretta igiene e pratiche di controllo dell’infezione».
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