Costituzionalisti yes men? Per favore!

In questi giorni il parlamento italiano è impegnato a riformare la Costituzione repubblicana con margini di tempo limitatissimi e con idee alquanto approssimative e confuse. Dopo avere sprecato oltre quattro anni ad approvare leggi ad personam e pronunciamenti formali attestanti che la marocchina Fatima El Maroug, alias Ruby Rubacuori, fosse la nipote dell’ex presidente egiziano Mubarak, il parlamento, in ‘zona Cesarini’, si cimenta in un compito alto, di livello costituzionale, senza averne lo spessore e le qualità politiche e culturali.

Un parlamento di yes men chiamato a compiti costituenti: potrebbe sembrare una battuta da cabaret se non fosse un fatto tragicamente vero. E pensare che già nel recente passato un evento simile si è verificato – la modifica del Titolo V della nostra Costituzione – del quale successivamente un po’ tutti si sono rammaricati del fatto che talune gravi imperfezioni si erano verificate per avere dovuto operare in fretta a causa della imminente scadenza della legislatura. Quando si dice ‘errare humanum est, perseverare est diabolicum”.

Un errore grossolano è già stato compiuto con la ‘costituzionalizzazione’ del pareggio di bilancio, anche qui un’operazione fatta in tutta fretta, in assenza di un dibattito pubblico nel Paese e sotto l’incalzare di pressioni straniere. Privando in questo modo la nazione italiana di una facoltà strategica di gestione dell’economia e del proprio bilancio finanziario.

Va bene che in questo scorcio di legislatura si apportino le poche modifiche condivise non solo dalle forze politiche e parlamentari, ma dal sentire comune dell’intero popolo italiano. Tranne la possibilità di chiedere lo scioglimento del parlamento da parte del presidente del Consiglio dei Ministri, le altre modifiche sono sicuramente accolte: superamento del bicameralismo; facoltà del presidente del Consiglio di revocare i ministri e l’introduzione della sfiducia costruttiva, nonché la riduzione del numero dei parlamentari. Altra cosa è modificare radicalmente l’assetto istituzionale del sistema politico, da Repubblica parlamentare a Repubblica semipresidenziale, che non può non essere affidato ad una assemblea costituente, la quale, titolata e legittimata a svolgere tale compito, abbia a disposizione anche il tempo (almeno un paio d’anni) per elaborare un nuovo assetto istituzionale da sottoporre a referendum popolare confermativo, nel quale sia altresì previsto il referendum popolare per la ratifica dei trattati internazionali.

Un’assemblea costituente, eletta con metodo proporzionale, vedrebbe presenti anche le forze politiche attualmente escluse dal Parlamento, e sarebbe veramente rappresentativa dell’intero corpo elettorale, sia delle forze escluse per via della necessità di assicurare la governabilità del Paese, sia dalle forze politiche emergenti e, in qualche misura, espressione dei nuovi orientamenti politici e culturali che si vanno manifestando. Non è un caso che nel dibattito politico si vada affermando un nuovo modo di definire le forze politiche tra quelle ‘tradizionali’ e quelle ‘emergenti’, perché tale è il modo nel quale si va sviluppando la vicenda politica italiana.

Ha fatto bene Pierluigi Bersani a dire che è scaduto il tempo per apprestarsi ad opere di cotanto ingegno ed altrettanto spessore storico. Anche qui le tattiche propagandistiche per procurarsi titoli politici da presentare all’elettorato a credito del proprio operato non valgono. Il giudizio politico gli elettori se lo formano sulla base dell’operato di una intera legislatura e non certo sulle improbabili mosse tattiche alla scadenza del mandato parlamentare. Bersani farebbe bene a presentare un disegno di legge che preveda l’elezione di un’assemblea costituzionale da far coincidere con il rinnovo del Parlamento e chiudere lì il discorso sulle modifiche costituzionali.

Berlusconi ed Alfano se vogliono apportare le modifiche annunciate se le facciano da soli, tanto hanno la maggioranza dei deputati e dei senatori da loro nominati a disposizione. Questo sì sarebbe un gesto di alto profilo democratico e da statista. Piuttosto, sarebbe più utile che Bersani si pronunciasse pubblicamente sulla discussione parlamentare sulla ratifica del trattato europeo sul fondo ‘salva Stati’ che, così com’è concepito, serve ancora una volta a favorire i finanzieri e i tecnocrati a tutto svantaggio dell’Europa politica dei Popoli che tutti i cittadini europei continuano a sognare ed ad auspicare. Noi restiamo qui in attesa e a vedere come va a finire commedia inscenata a fine legislatura.

 

Riccardo Gueci

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