C’è anche un esponente dei Radicali tra i cinque arrestati nell’operazione antimafia scattata questa mattina a Sciacca. L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo, ha fatto emergere i contatti tra Antonello Nicosia, 48enne con una condanna alle spalle per stupefacenti, e l’uomo d’onore Accursio Dimino. Quest’ultimo avrebbe vantato rapporti con Totò Riina e Giovanni Brusca, ma anche con soggetti ritenuti vicini alla famiglia mafiosa italo-americana dei Gambino.
Conosciuto come Matiseddu, Dimino, condannato per mafia l’ultima volta nel 2010, avrebbe investito nell’acquisizione di attività economiche e appalti nel settore edile e turistico-aberghiero. Tra i contatti con gli Stati Uniti, gli inquirenti segnalano un’attività criminale che sarebbe sfumata a Dimino, dopo l’omicidio di Frankie boy, all’anagrafe Frank Calì, ucciso lo scorso 13 marzo a New York.
A finire sotto la lente degli inquirenti sono stati anche i movimenti di Paolo e Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia, anche loro sottoposti a fermo. Ma la figura più interessante è senz’altro quella di Nicosia. Per gli inquirenti, il radicale, sfruttando una collaborazione con la parlamentare Pina Occhionero, avrebbe fatto da collante tra i mafiosi in carcere e gli esponenti dei clan a piede libero, sfruttando l’opportunità di entrare nei penitenziari nell’ambito delle attività portate avanti dal partito che fu di Marco Pannella. «Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità – dichiara oggi Occhionero -. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo. La collaborazione con me, durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà – prosegue – ho interrotto la collaborazione. Le visite in carcere peraltro sono parte del lavoro parlamentare a garanzia dei diritti sia dei detenuti sia di chi vi lavora».
Nicosia avrebbe più volto incontrato Dimino e alla cosca avrebbe anche chiesto interventi violenti per recuperare dei crediti da un uomo inserito nel contesto della criminalità organizzata saccense. A febbraio, inoltre, Nicosia avrebbe partecipato insieme ad altri due pregiudicati a una riunione a Porto Empedocle in cui si sarebbe discusso anche della latitanza del boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. Dalla primula rossa della mafia trapanese Nicosia si sarebbe atteso anche un finanziamento per un progetto legato al settore carcerario che stava portando avanti. A tal proposito, secondo i magistrati, il 48enne si sarebbe impegnato anche a favore di Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro attualmente detenuto in regime di 41bis.
Nell’ambito delle indagini è stato disposto il sequestro di una carta di credito collegata a conti esteri e beni patrimoniali, tra cui un’imbarcazione.
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