A Stromboli, la più remota isola dell’arcipelago delle Eolie, a cavallo tra la fine dell’anno e l’Epifania, si è registrato un aumento dell’attività eruttiva, consistente in un incremento della frequenza oraria delle esplosioni che, da una media di 7-16 eventi l’ora, ha toccato picchi di 22 eventi l’ora durante il primo giorno dell’anno e addirittura di 28 esplosioni l’ora durante la giornata del 7 gennaio. L’attività continua anche in questi giorni seppur con minore intensità, ma rimane il livello di attenzione diramato dalla Protezione civile.
L’attività eruttiva è stata prodotta dalle cinque bocche poste all’interno della depressione che occupa la terrazza craterica (900 metri sul livello del mare) con lanci di blocchi e materiale incandescente che non ha mai superato i 150 metri di altezza e che comunque si è riversato sempre all’interno dell’area craterica, o lungo il pendio della Sciara del Fuoco, per poi finire in mare.
Poiché non sono state registrate variazioni significative dei parametri monitorati, questo tipo di attività rientra all’interno del normale stile eruttivo del vulcano, famoso in tutto il mondo per la sua tipica attività (stromboliana, appunto) caratterizzata da continue e ritmiche emissioni di cenere fine, lapilli (dimensioni paragonabili a quelle della grandine) e bombe (dalle dimensioni molto variabili dai pochi centimetri ai metri). La frequenza di queste esplosioni è estremamente varia (in alcuni periodi di attività si verifica un’esplosione ogni 15-20 minuti, in altri momenti invece si assiste a un un alto numero di esplosioni ravvicinate come quello osservato in questi ultimi giorni).
«Buona parte dell’aumentata soglia di attenzione che in questi giorni è stata dedicata allo Stromboli – spiega Marco Neri, primo ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania – risiede nel fatto che l’attività generata dai crateri sommitali, molto spesso, produce dei brandelli di magma che superano il rim craterico e seguono tre principali vie lungo la Sciara del Fuoco, rotolando fino al mare. Questi brandelli simulano una specie di eruzione che però in realtà non c’è dal momento che si tratta esclusivamente del rotolamento di materiale lanciato dai crateri. L’aumentata frequenza di queste esplosioni – continua – genera un incremento del materiale che rotola lungo la Sciara e che, soprattutto di notte, genera scie luminose molto visibili anche da lontano e che vengono percepite come un’eruzione più importante» continua Neri.
Riguardo la simultanea eruzione che ha visto i due giganti del Mediterraneo, Etna e Stromboli, eruttare insieme durante le scorse festività di Natale, si è trattata di una pura coincidenza. Non potrebbero essere più diversi, infatti, i due vulcani che, in queste ultime settimane hanno impensierito non poco i siciliani, tra eruzioni e continue scosse di terremoto. Si tratta dei due vulcani più attivi d’Europa che, a parte le dimensioni, hanno davvero poco in comune. Da una parte Iddu, lo Stromboli, il Faro del Mediterraneo com’era chiamato fin dall’antichità per il suo essere punto di riferimento per i naviganti che di notte assistevano alle sue eruzioni; dall’altra parte lei, l’Etna, a Muntagna come è affettuosamente chiamata dai suoi abitanti che vivono con essa una rapporto molto controverso.
Lo Stromboli, è generato da una dinamica che gli scienziati chiamano compressiva, ovvero un contesto geologico in cui le placche tettoniche tendono a comprimersi l’una con l’altra dando luogo alla cosiddetta subduzione (lo sprofondamento di una placca sotto l’altra, la fusione delle rocce circostanti e la formazione di un arco di isole vulcaniche, come è l’arcipelago delle Eolie). L’Etna invece ha un’origine estremamente più complessa, al punto che gli esperti hanno dibattuto a lungo sulle possibili ipotesi legate alla sua formazione e ancora oggi molti scenari sono aperti. In ogni caso la sua origine è verosimilmente legata a un regime tettonico di distensione crostale, in prossimità della Scarpata di Malta. Questa diversità tra i due vulcani è testimoniata dalla differente profondità dei loro rispettivi bacini magmatici, ovvero i reservoir dai quali pescano i loro magmi: 250 chilometri lo Stromboli e appena 30-35 chilometri l’Etna. Ciò sta anche alla base del diverso chimismo dei due magmi che poi da luogo a stili eruttivi completamente diversi dei due vulcani.
Dopo l’osservazione delle fenomenologie in atto sull’isola di Stromboli e in base alle valutazioni rese disponibili dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dal Dipartimento Scienza della Terra dell’Università di Firenze, la Protezione Civile ha disposto l’attivazione della fase operativa attenzione, come previsto dal piano nazionale di emergenza per l’isola di Stromboli. Contestualmente il sindaco Marco Giorgianni ha disposto il limite di 400 metri di quota per le escursioni con guide vulcanologiche. Si ricorda che lo Stromboli è il vulcano più attivo d’Europa e questa persistente attività può dare luogo a veloci cambiamenti del suo stato di equilibrio in base all’evoluzione dei parametri geochimici, geodetici e geofisici. Il rischio, in un vulcano del genere, abitato e con potenziali implicazioni connesse a possibili tsunami, non potrà mai essere nullo. Ma il verificarsi di terremoti o esplosioni maggiori è da inquadrarsi nella routine di quello che, è bene sottolinearlo, è insieme all’Etna, uno dei vulcani più monitorati al mondo.
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