«Questa non è una riforma della scuola ma l’ennesimo affossamento di un sistema già trasandato». Il giudizio negativo sulla proposta di riforma dell’istruzione del Governo arriva da Pino Freni, insegnante di educazione tecnica in pensione. L’ex docente ha partecipato questa mattina al corteo di protesta contro la Buona scuola – indetto a livello nazionale da Cobas, Cub e da altre associazioni sindacali di base – insieme a colleghi, insegnanti precari, studenti, genitori e personale Ata. Circa 800 manifestanti – tremila secondo gli organizzatori – si sono concentrati presso piazza Roma per poi sfilare lungo via Etnea in direzione piazza Università, dove la manifestazione si è conclusa. Striscioni, cori e volantini per aprire una fase di dialogo partecipato tra i vari interlocutori della scuola. Le richieste dei manifestanti sono chiare: «Qualità, diritto all’istruzione garantito a tutti, libero accesso alle varie facoltà universitarie e aumento degli spazi di dialogo all’interno dell’orario scolastico», sintetizza la studentessa Agata Molè.
«L’istruzione non si vende». E’ questo il monito che accompagna lo sciopero nazionale dei lavoratori della scuola e degli studenti, che anche a Catania hanno fatto sentire la propria voce. William Bella, liceale quindicenne del gruppo Liberi pensieri studenteschi, sull’idea della privatizzazione afferma: «Non possiamo accettare che un’istituzione pubblica venga trasformata in un’azienda o in una fabbrica, nemmeno se accade in minima parte». Sono altre le necessità nel mondo dell’istruzione, secondo gli studenti etnei.
«Reddito di formazione per chi ne ha bisogno – da utilizzare per acquisto di materiale scolastico – e abbattimento delleccessiva digitalizzazione», spiega Silvia Mazzaglia, studentessa del liceo linguistico Principe Umberto di Savoia e membro attivo dellUnione degli Studenti. Che aggiunge: «Sembrerà strano, ma almeno a scuola preferiamo il dialogo faccia a faccia rispetto al tablet». Le fa eco Marina Mangiameli, docente di storia e filosofia al liceo scientifico Boggio Lera:«Il continuo confronto con la macchina non aiuta i giovani ad acquisire il pensiero critico, che è il patrimonio fondamentale della formazione», spiega l’insegnante.
Nel corteo etneo c’è spazio anche per coloro che della scuola non vorrebbero più saperne. Si tratta degli insegnanti che rientrano nella famosa quota 96 (la somma tra l’età e gli anni di contributi) della riforma Fornero – circa tremila a livello nazionale – che hanno subito il blocco dei pensionamenti. «E assurdo che che in ogni riforma e in ogni Governo non cè mai spazio per risolvere il nostro problema», afferma Francesco Vertillo. Che prosegue: «Lasceremmo migliaia di posti liberi ai precari».
La conclusione della manifestazione lascia spazio al tema del disagio sociale con il ricordo dell’episodio di cronaca catanese che ha visto protagonista Salvatore La Fata. I fratelli del venditore ambulante per necessità – che è morto dopo essersi dato fuoco in piazza Risorgimento – hanno letto un comunicato in cui hanno chiesto collaborazione per le indagini in corso. «E’ un dramma sociale e fa scandalo latteggiamento di distanza assunto dallamministrazione comunale. Noi oggi siamo in piazza anche per ricordare il sacrificio di La Fata», conclude Alberto Rotondo del Circolo città futura. La sorpresa dei manifestanti è stata quella di aver trovato il Rettorato di piazza Università già occupato dal coordinamento dei collettivi Kaòs. «Rimarremo fino a domenica e organizzeremo attività aggregative e assemblee», afferma uno dei membri Pietro Greco.
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