C’E’ UNA PARTE DELLA RELAZIONE DELLA MAGISTRATURA CONTABILE – SEMPRE CON RIFERIMENTO AL GIUDIZIO DI ‘PARIFICA’ DEL BILANCIO 2013 – CHE VA LETTA ATTENTAMENTE. SCOPRIAMO, AD ESEMPIO, CHE L’AMMINISTRAZIONE REGIONALE ‘SCOMMETTE’ SUI DERIVATI, “RISCHIANDO DI PREGIUDICARE IL COMPLESSO DELLE RISORSE FINANZIARIE PUBBLICHE UTILIZZABILI PER LE FINALITA’ DI INTERESSE GENERALE PER LA COLLETTIVITA'”.
Non ci sono i soldi per pagare i forestali e le attività culturali. Ma la Regione siciliana, nel 2013, “a seguito di operazioni di swap” ha fatto registrare perdite a oltre 41 miliardi di euro! E se consideriamo le perdite nel periodo compreso tra il 2005 e il 2013, ebbene, queste ammontano a quasi 60 milioni di euro!
Ci vanno pesante, i giudici della Corte dei Conti, a proposito del’indebitamento della Regione siciliana. E, soprattutto, delle modalità con le quali nasce l’indebitamento.
“Il residuo debito complessivo della Regione Siciliana al 31 dicembre 2013 – scrivono i magistrati contabili – è pari a 5.394 milioni di euro di cui 5.143 milioni di euro a proprio carico e la restante parte di 251 milioni di euro interamente rimborsata dallo Stato, anche se formalmente a carico della Regione”.
Detto in soldoni, l’indebitamento della Regione siciliana si attesta sui 5 miliardi e 400 milioni di euro!
“Lo stock del debito a carico della Regione – osservano i giudici della Corte – si attesta su un livello di poco inferiore a quello del 2012 (che era pari a 5.683 milioni). Si tratta, tuttavia, di uninversione temporanea, non strutturale, dovuta al contingente disallineamento temporale tra laccensione e lerogazione dei prestiti stipulati nel 2013 con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., ma erogati nellesercizio in corso. Tale circostanza si ripercuoterà negativamente sullo stock di debito a partire dallesercizio in corso. E ciò anche in considerazione dei prestiti da contrarre per far fronte ai pagamenti dei debiti scaduti della Regione, di cui al decreto legge n. 35 del 2013 e alla legge regionale n. 11 del 2014″.
Insomma, non c’è una diminuzione del debito, che dovrebbe anzi aumentare entro la fine di quest’anno.
“La diminuzione del debito – si legge sempre nella relazione – consegue una riduzione del rapporto tra lo stock del debito e il Pil (Prodotto interno lordo) regionale pari, secondo le stime fornite dalla Regione, al 6,37 per cento, mentre nel 2012 era pari al 6,62. Tale diminuzione, tuttavia, non presenta carattere strutturale, essendo derivata da una circostanza contingente: il già evidenziato disallineamento temporale tra laccensione e lerogazione dei prestiti contratti nel 2013 con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.”.
Qui arriva la prima ‘stangata’ della Corte dei Conti: “Resta preoccupante il livello del debito pro capite che, dai 438 euro fatti registrare nel 2007, raggiunge nel 2013 limporto di 1.028,7 euro. Al suddetto fenomeno si accompagna anche lallungamento della vita media residua delle operazioni che, a chiusura dellesercizio, era pari a 20 anni, conseguenza diretta dellammortamento trentennale dei mutui perfezionati dal 2008 in poi”.
Insomma l’indebitamento di ogni cittadino siciliano, che passa da 438 euro del 2007 agli oltre mille euro attuali! E lo scenario è in peggioramento.
“I rating assegnati alla Regione siciliana, sostanzialmente positivi fino al 2010 – osservano ancora i magistrati contabili – hanno subito un declassamento a partire dal 2011, con un outlook che, nel 2013, risulta ancora negativo. Il drastico downgrade operato dalle agenzie internazionali di rating è stato determinato dal deterioramento della perfomance operativa della Regione e da previsioni negative sullandamento economico nazionale e regionale”.
Le Agenzie di rating hanno capito che la Regione siciliana è messa male. E ne traggono le conseguenze.
Poi arrivano i derivati. Eh già, perché non solo non abbiamo i soldi per pagare interi settori dell’Amministrazione, ma buttiamo un sacco di soldi nelle operazioni sui derivati. Cioè sulle speculazioni finanziarie andare regolarmente a male!
“Lintervenuto downgrade ha avuto delle conseguenze sulle operazioni in derivati della Regione – scrivono i giudici contabili – . I contratti di swap stipulati dalla Regione siciliana prevedono infatti unapposita clausola che permette alle controparti bancarie di risolvere il contratto nel caso in cui il rating della Regione scenda al di sotto di un certo limite”.
Tale situazione si è verificata lo scorso anno quando “la Regione siciliana e The Royal Bank of Scotland hanno effettuato la chiusura consensuale di due contratti derivati in essere, il primo dei quali concernente il sottostante prestito con la Cassa depositi e prestiti del 2003 con scadenza 2023 ed il secondo relativo al prestito obbligazionario c.d. Pirandello”.
“Riguardo alla gestione degli swap -leggiamo sempre nella relazione – si osserva che, fino al 2007, lo scambio dei flussi finanziari per interessi tra la Regione e gli istituti finanziari controparti ha assicurato alla Regione un differenziale positivo. Dal 2008 in poi si sono registrati più consistenti flussi negativi, con tendenza al progressivo peggioramento, fino ad arrivare al 2013, esercizio in cui i differenziali negativi hanno superato i benefici finanziari inizialmente ottenuti dalla Regione”.
“Lo scambio di flussi – scrivono i giudici contabili – per quote di interessi a seguito di operazioni di swap ha fatto registrare perdite per la Regione pari, nel 2013, a 41.607.269,53 euro e per complessivi 59.689.367,11 euro nel periodo 2005-2013”.
In pratica – come già accennato all’inizio – l’Amministrazione regionale che non ha i soldi per pagare il Servizio antincendio (con gli effetti nefasti visti nei giorni scorsi), ha ‘bruciato’, lo scorso anno oltre 41 milioni di euro in operazioni fallimentari sui derivati!
“Le operazioni in derivati presentano ampi profili di spiccata aleatorietà – si legge nella relazione della Corte dei Conti – in grado di pregiudicare il complesso delle risorse finanziarie pubbliche utilizzabili per il raggiungimento di finalità di generale interesse per la collettività. Le peculiari caratteristiche di tali strumenti impongono, pertanto, nelle contrattazioni in cui siano parte le Regioni e gli enti locali, specifiche cautele da adottarsi non soltanto nel momento dellaccesso al relativo mercato mobiliare, ma anche nel corso della gestione e della rinegoziazione dei predetti contratti”.
“In tale contesto – si legge nella relazione – appare essenziale che lAmministrazione regionale provveda a dotarsi di precise ed aggiornate informazioni sulla storia, sullo stato e sugli sviluppi (anche in termini prospettici) di tali tipologie negoziali, al fine di prevenire e ridurre gli effetti negativi, di carattere pluriennale, che le predette operazioni sono suscettibili di produrre alla finanza regionale. Tenuto conto delle facoltà previste dallart. 3 della legge regionale n. 9 del 2013, in precedenza riportata, ad avviso di queste Sezioni riunite, si rende non più procrastinabile lassunzione di iniziative volte a contenere i rischi di una perdurante esposizione debitoria collegata alla stipulazione di contratti di finanza derivata”.
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