In cambio di denaro avrebbe rilasciato documenti di regolarità contributiva (durc) a favore di diversi imprenditori consentendo così la partecipazione ad appalti e gare pubbliche e compensi dalla pubblica amministrazione, nonostante avessero sistematicamente evaso il pagamento di contributi e premi assicurativi dovuti a Inps e Inail. In finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Palermo hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale nei confronti dell’ex vicedirettore dell’Inail del capoluogo ed ex direttore dell’Inail di Termini Imerese, Giuseppe La Mantia. Il provvedimento, emesso dal tribunale su richiesta della Procura, è stato eseguito dalle fiamme gialle del Gico che hanno sequestrato al funzionario immobili e conti per 516 mila euro.
Le indagini avrebbero accertato la fitta rete di complicità tra La Mantia e le imprese che, tra il 2007 e il 2012, nonostante ricorressero impedimenti come cartelle esattoriali non pagate, ricevevano le certificazioni di regolarità contributiva. Nel video realizzato dai finanzieri si vede proprio il momento dello scambio della mazzetta: «Ti volevo salutare, a picca a picca stiamo risolvendo – dice l’imprenditore catturato dalla telecamera nascosta -, ti faccio avere 50 euro a settimana. Li raccolgo e li porto d’altronde, quando una persona merita… ma posso stare tranquillo? Non mi faranno verbali?», mentre l’altro risponde a tono «grazie, ora sistemo io, piano piano, non tutto insieme». Oltre alle accuse di corruzione e concussione, l’ex manager risponde anche anche di truffa all’Inail perché avrebbe attestato falsamente la propria presenza in ufficio e invitato alcuni dipendenti a distruggere documenti compromettenti durante le perquisizioni della Finanza negli uffici di Termini Imerese.
«Senza alcun tipo di remora La Mantia – spiega Massimiliano Fortino, comandante del Gico del nucleo di polizia tributaria di Palermo – riceveva imprenditori nel suo ufficio e, dalle intercettazioni ambientali e dalle telecamere che abbiamo nascosto, si evince in modo certo che c’era un momento di scambio della busta contente denaro. Al momento, gli imprenditori che abbiamo individuato sono circa una decina ma, dal volume di affari che abbiamo scoperto, si stima che il giro di persone coinvolte sia molto più ampio». Le mazzette solitamente venivano riscosse in ufficio mentre, in altri casi, il pagamento avveniva direttamente sui conti del funzionario intestati o su quelli di familiari o amici e, a volte, La Mantia veniva ricompensato con l’uso di auto di lusso o cellulari.
Le investigazioni condotte dai finanzieri hanno, inoltre, fatto emergere la vicinanza di La Mantia a diversi esponenti di Cosa nostra, quali il costruttore Camillo Graziano, della famiglia mafiosa dell’Arenella, il capo del mandamento San Lorenzo, Vincenzo Giacalone, e gli esponenti del clan Madonia, del quale «per diverso tempo era stato il cassiere. Di La Mantia avevano, peraltro, parlato anche alcuni collaboratori di giustizia, riferendo di una sua partecipazione alla gestione degli appalti di cui al tempo si era occupato Angelo Siino – si nella nella nota – Nel corso delle investigazioni, sono stati documentati i rapporti d’affari intercorsi tra Giuseppe La Mantia e Giuseppe Damiata, anche quest’ultimo colpito da misura di prevenzione eseguita dalla Guardia di Finanza nel dicembre 2016 e con il quale La Mantia divideva gli utili derivanti dalla gestione illecita di alcune cooperative».
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