Corruzione Ast, favori e raggiri nella società colabrodo Bus da Israele, gare truccate e papello per assunzioni

Un autobus chiamato desiderio. Per quanto nessuno dei protagonisti dell’indagine che ieri ha travolto Ast ricordi Marlon Brando, la citazione cinematografica – con la licenza di sostituire il tram – non pare avventata. Tanto per gli appetiti trasversali suscitati dalla società che si occupa del trasporto su gomma che per le censure ricevute. In questo caso, però, le scabrosità non hanno nulla a che vedere con il sesso, bensì con una serie di reati che sarebbero stati commessi sullo sfondo di quella che il gip del tribunale di Palermo Marco Gaeta ha definito «una gestione dell’azienda superficiale e privatistica». Al centro dell’inchiesta c’è la figura di Ugo Fiduccia, il direttore generale finito ai domiciliari e ritenuto la mente di tutti i reati. Fiduccia avrebbe trattato l’Ast, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, come «cosa propria». Accanto al 71enne, per il quale la procura aveva chiesto la custodia in carcere, avrebbe operato Gaetano Tafuri, presidente del consiglio d’amministrazione di Ast e un curriculum politico legato all’universo lombardiano.

Le duecento pagine di ordinanza sono attraversate da un unico filo rosso: la costante ideazione di escamotage per aggirare quanto previsto dalla legge per i soggetti pubblici. Com’è il caso dell’Azienda siciliana trasporti, che per quanto sia una società per azioni – con un deficit di quasi 20 milioni di euro – ha nella Regione Siciliana il socio unico. Dalle assunzioni di personale, sfruttando in maniera strumentale un’agenzia interinale, all’affidamento di commesse e servizi, la società sarebbe servita per fare e ricevere favori. 

I posti di lavoro
Fiduccia in persona avrebbe ottenuto l’assunzione di un nipote e la promessa dello stesso trattamento per la figlia e un altro nipote. In questo caso a offrire la disponibilità sarebbero stati gli imprenditori di Officine del Turismo, impresa che – stando all’impianto accusatorio – avrebbe avuto da Ast una lunga serie di agevolazioni nell’ambito dell’affidamento della fornitura delle apparecchiatura necessaria al servizio di biglietteria elettronica. Un appalto che sarebbe stato vinto senza avere a pieno i requisiti per partecipare e che sarebbe stato viziato da diverse inadempienze, come il mancato rispetto degli orari di call center previsti. Al contempo, la società avrebbe goduto di trattamenti di favore da parte di Fiduccia, ottenendo il rimborso di spese ritenute illegittime ma anche pagamenti per forniture complementari disposte da Ast in occasione dello scoppio della pandemia. Spese compiute senza indire alcuna gara e che hanno riguardato, soltanto a titolo di esempio, l’acquisto per centinaia di migliaia di euro di telecamere contapersone ma anche di totem e obliteratrici dotati di termometro. Il rapporto corruttivo con Officine del Turismo, secondo gli inquirenti, sarebbe passato anche da una penna e un portafogli Montblanc.

Alla lunga tavolata dell’Ast aggiungere una seggiola non sarebbe stato un problema, grazie alla possibilità di assumere dipendenti tramite agenzia interinale. Il sistema, a detto dello stesso Fiduccia, sarebbe servito anche per sistemare diverse persone che sarebbero state segnalate da esponenti di vertice della politica. Se i nomi di Nello Musumeci e Gianfranco Miccichè sono usciti già ieri, con tanto di repliche e annuncio di querele, nell’ordinanza compaiono riferimenti ad altri deputati e anche a un assessore di cui non si fa il nome. «Mi mannaru a chiamare all’Ars e mi riettero nu bello papello (mi hanno mandato a chiamare all’Ars e mi hanno dato un bel papello, ndr)», dice Fiduccia intercettato. In un’altra occasione il direttore commenta: «U ioco forte u fa a politica (il gioco forte lo fa la politica, ndr), io ne infilo qualcuno, no ca (non che, ndr) io infilo tutto». Agli atti dell’indagine è finita anche un’altra frase tratta da un dialogo tra il presidente Tafuri e il suo vice Giuseppe Dalì. Quest’ultimo, che non è indagato, citando un presunto colloquio con Miccichè dice di avere commentato: «Sta diventando l’ufficio di collocamento di Forza Italia».

Il progetto della compagnia aerea
L’idea che la Regione si dotasse di una propria compagnia aerea per un po’ si è fatta strada in Sicilia. A immaginare tale ipotesi erano stati proprio i vertici di Ast scontrandosi con la posizione del governo, che con Musumeci e l’assessore ai Trasporti Marco Falcone si opposti a un progetto fin troppo ambizioso considerata la situazione finanziaria tutt’altro che rosea delle casse della società. L’inchiesta di ieri ha portato alla luce come a beneficiare dell’operazione sarebbe dovuta essere la stessa Officine del Turismo, a cui l’Ast, secondo gli inquirenti, era pronta ad affidare i servizi commerciali e amministrativi della compagnia «attraverso una procedura pilotata». Il progetto, pur non avendo visto la luce, ha comportato una serie di costi, tra cui 4500 euro per corsi on line Sofema Aviation Services Eood, una società con sede a Sofia, la capitale della Bulgaria.

I bus usati comprati in Israele
La formazione tramite virtual aviation non è l’unico collegamento tra Ast e Bulgaria. Dal paese dell’Est sarebbero passati anche diverse decine di autobus acquistati dalla società partecipata dalla Regione. I mezzi sarebbero stati venduti da un soggetto in Israele e poi importati in Europa tramite un intermediario a cui Fiduccia si sarebbe rivolto più volte. Si tratta del perugino Alessio Porzi, imprenditore del settore con società sia in Italia che in Bulgaria. L’uomo, indagato e destinatario del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno, sarebbe andato in Israele con lo stesso Fiduccia per trattare la fornitura. «Fino al 2016, tutti gli acquisti erano eseguiti mediante procedure di evidenza pubblica – ha dichiarato il capo dell’unità organizzativa di Ast alla guardia di finanza – Successivamente questo non è avvenuto, il cambiamento è scaturito con il subentro di Fiduccia. Alcuni dei mezzi acquistati avevano dei problemi tecnici, alla centralina o all’impianto di condizionamento».

Gli acquisti dei mezzi senza ricorrere a procedure di gara venivano giustificati con l’urgenza di rimpiazzare gli autobus. Una motivazione che però non reggerebbe. Non solo per gli inquirenti. «La scelta di affidarsi a un fornitore estero, di acquistare veicoli da reimmatricolare in Italia è intrinsecamente incompatibile con un acquisto urgente», è il commento di un avvocato che lavora per la società raccolto dagli investigatori nel corso di un’audizione. Per i magistrati, Fiduccia e Porzi si sarebbero accordati per simulare una trattativa privata che avrebbe portato alla richiesta di uno sconto da parte dell’Ast, a dimostrazione della fittizia volontà di trovare la soluzione migliore per le casse della partecipata. «Io ci ho messo diecimila euro in più. Che lei deve togliere», dice l’imprenditore umbro al direttore generale. Fiduccia risponde: «Sì, l’ho visto». E poi parlando con una dipendente comunica: «Noi faremo una controproposta: levare diecimila euro a macchina».

Maquillage e bilanci
I magistrati palermitani sono convinti che favori e raggiri sarebbero serviti anche per mascherare la situazione economica dell’Ast. Il sospetto si fonda attorno alla presunta turbativa della procedura per affidare il servizio di revisore contabile. Fiduccia e soci avrebbero spinto affinché a vincere fosse stato Felice Genovese, commercialista messinese che già aveva svolto il compito per la società. Nel momento in cui Genovese, che è indagato, era finito terzo in graduatoria, negli uffici Ast sarebbe partita la corsa a trovare il modo per annullare la gara. Il cavillo viene individuato nell’errata indicazione del triennio in cui il servizio si sarebbe dovuto fornire e alla fine l’Ast riesce a ricorrere a un affidamento diretto a Genovese, portando l’importo della consulenza sotto la soglia dei 40mila euro. Per i magistrati, il commercialista dal canto suo «si è sdebitato non contestando tutte una serie di criticità che aveva rilevato in occasione dell’esame del bilancio di Ast chiuso al 31 dicembre 2019».

Le forniture di pneumatici
L’indagine della guardia di finanza è nata in seguito a una serie di esposti presentati da una ditta fornitrice di pneumatici. Il titolare ha denunciato presunti soprusi subiti da Ast che avrebbe indetto gare con bandi ideati in maniera tale da escluderlo e, al contempo, favorire un concorrente. Dagli accertamenti degli investigatori, tuttavia, è emerso un quadro composito al punto da far suscitare il sospetto che la stessa denuncia fosse nata dalla venuta meno di precedenti accordi poco trasparenti. «Da oltre dieci anni è l’unico fornitore di pneumatici Ast. Le gare vengono fatte dalla stazione appaltante insieme all’ufficio tecnico che predispongono i capitolati, poi viene pubblicato un bando. Non so quanti abbiano partecipato alle gare, ma l’aggiudicatario è sempre lo stesso», mette a verbale un avvocato parlando proprio dell’impresa che ha denunciato. 

A cosa sarebbe dovuto, quindi, il cambio di equilibri? Una risposta chiara non c’è. Su questa vicenda, che comunque ha comportato un’accusa per il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, gli stessi inquirenti non si sbilanciano: «Questo ufficio ha ipotizzato l’esistenza di un rapporto corruttivo che a un certo punto si sarebbe interrotto – si legge nell’ordinanza – Tuttavia non si è avuta alcuna prova della dazione di utilità ai dirigenti Ast né dall’uno né dall’altro fornitore. Le uniche cose certe sono l’astio degli indagati (verso il precedente fornitore, ndr) e un rapporto confidenziale (con il nuovo, ndr)».

Simone Olivelli

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