L’inchiesta che sabato ha travolto il Comune di Palermo potrebbe allargarsi, inglobando altri personaggi politici della città? È la domanda che sorge spontanea, a leggere certi precisi passaggi dell’ordinanza che racconta l’inchiesta. Dove, a un certo punto, da un lato si parla di un «consigliere comunale sottoposto a indagini nell’ambito del presente procedimento penale», dall’altro di una serie di comunicazioni telefoniche con l’«utenza in un uso all’indagato». Così scrive il gip Michele Guarnotta, nero su bianco, parlando prima del consigliere comunale e capogruppo di Forza Italia Giulio Tantillo e poi dell’ex vice sindaco a un passo dal rientro in giunta Emilio Arcuri. Malgrado il giudice non confermi nulla, evitando anzi ogni domanda della stampa, nelle sue carte quelle indicazioni sembrerebbero voler dire una cosa sola. Nell’ambito dell’inchiesta che ha fatto emergere il comitato d’affari all’ombra di Palazzo delle Aquile, che ha portato ai domiciliari due consiglieri e due dirigenti comunali, ci sarebbero anche i nomi di questi due politici. Significa che sarebbero al momento indagati? Non è un passaggio chiaro. Di certo c’è che i due saranno ascoltati in tribunale, quanto meno come persone informate dei fatti.
Nella carte, intanto, ecco il nome di Giulio Tantillo, componente della II Commissione Urbanistica del Comune, presieduta da quello stesso Giovanni Lo Cascio rimasto coinvolto nell’inchiesta di sabato e finito ai domiciliari e con competenze anche sull’Edilizia privata e residenziale pubblica. È il 19 novembre scorso quando il Consiglio comunale di Palermo esprime parere sfavorevole all’approvazione delle proposte di deliberazione afferenti i permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici in relazione alle aree oggetto di indagine (ex Keller, via Messina Marine, via San Lorenzo), ritenendo insussistente il pubblico interesse all’esecuzione dei progetti. A votare, quel giorno, a favore di quelle proposte, schierandosi contro addirittura la propria maggioranza, c’è proprio Lo Cascio, che aveva interessi, secondo le indagini, proprio perché passassero quei progetti. Che però vengono fermati. Innescando il rammarico di Giulio Tantillo, «citato nelle intercettazioni come persona alla quale Mario Li Castri aveva perorato questa causa», che avrebbe «bollato la vicenda come “un grave errore”».
A conoscere e intrattenere rapporti con Tantillo ci sarebbe anche un altro dei personaggi coinvolti nell’inchiesta, l’architetto Fabio Seminerio, al quale il politico, durante una cena insieme, avrebbe «garantito il buon esito dell’iter amministrativo della delibera riguardante i piani costruttivi». È quello che l’architetto, intercettato, racconta a sua volta a Li Castri. Cena che, a giudicare dai tabulati telefonici a cavallo tra il 18 e il 19 dicembre 2018, per gli inquirenti ci sarebbe effettivamente stata. «Domani mattina glielo dico, ne parliamo e facciamo sintesi, acceleriamo», dice ancora, in un’altra occasione, anche Lo Cascio mentre parla con un altro personaggio coinvolto nel blitz, il consigliere Sandro Terrani. I due, ignari di essere intercettati, concordano sul fatto che bisogna dare «una accelerazione all’approvazione dei piani costruttivi in consiglio». È Lo Cascio, ancora una volta, che tira in ballo il nome di Tantillo, dicendo che gliene parlerà.
Sono diverse le occasioni in cui i personaggi coinvolti parlano proprio di Giulio Tantillo. In un’altra circostanza ancora, di nuovo Lo Cascio e Terrani si riferiscono a lui come «soggetto che insieme a loro si era prodigato affinché i Programmi Costruttivi venissero approvati e che, adesso, dovevano definitivamente farli approvare in Consiglio comunale. Mentre a gennaio 2019 il discorso captato dagli inquirenti è direttamente tra Terrani e Tantillo: «Ma questi piani costruttivi li dobbiamo affrontare?!», chiede il primo. Il secondo replica prontamente: «Sì sì sì, proponeteli…deve parlare solo uno, come maggioranza. Noi proponiamo per questo mese di iniziare queste cose! O dentro o fuori!». Il suo consiglio, insomma, è di proporli come gruppo di maggioranza in maniera tale che, durante le sedute del mese, l’assemblea avrebbe potuto discuterne per poi prendere una decisione. Tantillo viene definito addirittura «padreterno dell’opposizione e persona importante» da Giovanni Lupo (anche lui ai domiciliari): «Per dire uno, politico, che cercava… all’epoca mi disse che a San Lorenzo io c’ho mio nipote che è interessato ad un appartamento. Io l’ho cercato, non si è fatto trovare da me! Giorni addietro ci siamo visti, per caso, per ora non si è fatto trovare ma io avrei questa cortesia… l’ho sempre tenuta..», diceva Lupo intercettato. I due pare si siano incontrati un sabato mattina in un bar proprio per discutere della circostanza. «A tal proposito giova ricordare che uno dei programmi costruttivi riguarda proprio un’area ubicata in zona San Lorenzo», si legge intanto nelle carte dell’inchiesta.
Il secondo politico che emerge dalle carte dell’indagine è quello di Emilio Arcuri, secondo i magistrati «uno dei principali sponsor di Li Castri all’interno della macchina comunale». Che, nel 2018, seppur utilizzando toni ironici, metteva in guardia un’altra dirigente comunale circa i pericolosi appetiti criminali del tecnico finito ai domiciliari: «Guardi che Mario Li Castri alla Mobilità si può fare ricco quindi state attenti dove lo mandate, delinquerà dappertutto». Arcuri, da poco designato ad entrare nella giunta Orlando dopo il nuovo rimpasto deciso la settimana scorsa, intanto ha scelto di fare un passo indietro e di non entrare nell’esecutivo comunale. Arcuri, per gli inquirenti, pare si fidasse ciecamente di Li Castri, malgrado alcune remore avute in passato al momento di firmare alcuni atti inerenti le proposte dei piani costruttivi al centro dell’indagine, atti «che ho firmato pure io…col mal di pancia, per capirci», diceva intercettato lo stesso Arcuri, che avrebbe preferito un diverso utilizzo della aree oggetto dei progetti. Sul suo conto emergono alcuni espliciti passaggi, sempre nelle carte dell’inchiesta, dove, parlando tale «Emanuele Angelico, detto Walter ha avuto numero 35 comunicazioni con l’utenza telefonica in uso all’indagato Fabio Seminerio (arrestato sabato, ndr) e numero 2 comunicazioni con l’utenza in uso all’indagato Emilio Arcuri». Il suo nome torna più avanti, nel passaggio in cui si spiega che risultano ulteriori «22 comunicazioni con l’utenza telefonica in uso all’indagato Emilio Arcuri» da parte dell’ingegnere Edoardo Intravaia.
E malgrado nelle carte il gip scriva anche che Arcuri «non è stato attinto da alcun elemento indiziario riguardante rapporti professionali ed economici con gli altri coindagati Seminerio, Lupo, La Corte», appare quanto meno curioso che durante una telefonata, proprio Lupo confidava a Seminerio di «essere stato un finanziatore della campagna di Emilio Arcuri, assessore protempore del Comune di Palermo, firmando assegni personalmente, ma che ciò non era servito poiché alla fine se lo è trovato, a suo dire, anche contro i suoi stessi interessi». Che tipo di accordi c’erano fra i due, se mai ce ne sono stati? Lupo avrebbe finanziato Arcuri per un tornaconto personale? Intanto, un altro aspetto emerge da un’altra intercettazione. Questa volta tra Arcuri e Li Castri, che discutono della notizia della polizia giudiziaria negli uffici del Comune: «Hai visto questa bella cosa?» chiede l’ex vice sindaco, che aggiunge «devono scavare su tutta la vita privata su tutto bisogna scavare bisogna stare attenti… uno va in alberghi…», mentre Li Castri lo rassicura. Perché l’accesso a certi atti e documenti all’interno degli uffici della II Commissione impensierì, seppur per il frangente di una telefonata, Emilio Arcuri? Cos’è che gli ispettori non avrebbero dovuto trovare? Intanto, all’interno degli uffici tecnici del Comune «il clima è pesante», fanno sapere dall’interno del Palazzo.
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