Coro unanime di Bersani, Berlusconi, Monti e Casini: Grillo è il male

In questi ultimi giorni di campagna elettorale l’attenzione di Bersani, Berlusconi, Casini e Monti si è concentrata sul Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Il coro di questi quattro signori è unanime: i grillini sarebbero il male assoluto della politica italiana. Senza rendersene conto, i quattro signori che da oltre un anno governano il nostro Paese – non dimentichiamo che il Governo Monti, in Parlamento, è stato appoggiato da Pd, Pdl e Udc – hanno dimostrato di avere paura.

A differenza di Grillo, che riempie le piazze, ognuno di questi quattro signori, bene che gli vada, quando organizza una manifestazione elettorale riempie un cinema a un teatro. La differenza c’è: e si vede. Anche nel linguaggio. E negli argomenti. Grillo lancia proposte concrete: tutela della prima casa, salario minimo di cittadinanza, abolizione di Equitalia. Che fanno gli altri quattro signori?

Il più fantasioso di tutti, come al solito, è Berlusconi. Dice che vuole restituire i soldi dell’Imu sulla prima casa. Trovata geniale, sotto il profilo della comunicazione. L’Imu è un’imposta odiosa con probabili profili di incostituzionalità. Togliere quella sulla prima casa, poi, è più che sacrosanto. Il Cavaliere non ha spiegato, però, chi dovrà dare ai Comuni i soldi che lo Stato gli ha già tagliato. La risposta è semplice: i Comuni se li riprenderanno con un aumento delle imposte locali, cioè comunali. Ai cittadini verrà tolto (con un aumento o con nuove imposte comunali) quello che gli verrà dato (con i soldi che si prenderebbero con la restituzione dell’Imu sulla prima casa). Anzi, abbiamo la sensazione che i Comuni ci guadagnerebbero, cogliendo l’occasione per calcare la mano. Mentre i cittadini ci perderebbero.

Berlusconi non ha parlato di abolire Equitalia. Non può farlo, perché Equitalia è un ‘regalo’ del suo Governo. Per la precisione, del suo ex Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non a caso numero uno in Italia del gruppo Aspen, alias i signori della finanza che lavorano, fianco a fianco, agli amici di Bilderberg, al ‘nuovo ordine mondiale’.

Il Cavaliere è tornato ad agitare il vessillo del Ponte sullo Stretto di Messina. Lo aveva promesso nel 2001 con il celebre “Contratto con gli italiani”. Ma del Ponte di Messina, dal 2001 al 2006, si sono visti solo i lavori preparatori. Lavori che hanno preparato non l’avvio dei veri lavori, ma le condizioni per scaricare nelle tasche di un gruppo di imprese una caterva di soldi per il risarcimento del Ponte di cui nessuno – a parte vaghi progetti – ha visto nulla, ma che sarebbe stato ‘bloccato’. Quindi bisogna risarcire le imprese e non i calabresi e i siciliani che sono stati presi in giro!

Dopo avere preso in giro siciliani a calabresi con questa storia del Ponte di Messina – che, detto per inciso, servirà alle grandi imprese, ma non servirà né alla Sicilia, né alla Calabria – Berlusconi, sabato, a Palermo, è tornato a riproporre la stessa minestra: prima di morire vuole attraversare il Ponte. Dia retta a noi Cavaliere: si faccia una bella nuotata, come ha fatto Grillo, così si renderà conto che il Ponte non serve a nulla.

Dal libro dei sogni del Cavaliere è sparita, rispetto al 2001, la promessa della riapertura del casinò di Taormina. Ricordate? Tre o quattro anni dopo aver fatto questa promessa, il Governo Berlusconi, per bocca dell’allora Ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, ha fatto sapere che la presenza della mafia impedisce la riapertura del casinò di Taormina. Forse nel 2001, quando ha promesso la riapertura del casinò di Taormina, la mafia non c’era?

Pazienza, poi, se indagini della magistratura hanno accertato che mafia e ‘ndrangheta, ormai da anni, dettano legge anche nel Nord Italia. Però lì i casinò restano aperti. Mentre in Sicilia non si aprono. Due pesi e due misure. Ce ne sarebbe abbastanza per diventare separatisti.

La verità è che, se dovesse riaprire il casinò di Taormina, i casinò del Nord Italia perderebbero tutti i clienti del Sud del nostro Paese, che non sono pochi. E addio anche ai tanti siciliani che, ogni fine settimana, vanno al casinò di Malta.

Di fatto, al di là delle chiacchiere, per Berlusconi la Sicilia resta una ‘colonia’ da sfruttare a dovere. E da prendere in giro con la sceneggiata del Ponte sullo Stretto di Messina.

Di Bersani non c’è molto da dire. Per un motivo semplice: perché il Pd non ha un programma di Governo per l’Italia. Questo signor Bersani, quando va in Tv, riversa dai microfono piogge di luoghi comuni. Dice che bisogna rilanciare l’economia. Che la gente, in Italia, ha problemi seri. Che bisogna valorizzare i giovani. Ma non dà una sola soluzione per i tanti problemi. Solo chiacchiere. E’ evidente che si vuole tenere le mani libere, visto che conta di andare a governare l’Italia con il “Partito delle tasse”, cioè con Monti.

Bersani non dice che, appena arriverà al Governo, nel nome dello sviluppo, farà l’esatto contrario, sommergendo il nostro Paese di tasse e imposte come ha fatto Monti. Perché per restare in questa pessima Unione Europea della finanza l’Italia deve continuare a dare non ad avere. Tant’è vero che Bersani non vuole abolire Equitalia.

Bersani ha paura di Grillo. Perché Grillo è l’unico che ha detto a chiare lettere che gli italiani, come si conviene a tutte le democrazie, debbono avere la possibilità di decidere, con un referendum popolare, se restare o meno nell’Unione Europea dell’euro. A Bersani l’Italia senza euro non piace. Come Monti – che è il suo vero alleato – vuole tenere l’Italia prigioniera di un’Unione Europea filo tedesca. Chissà, così magari salva il Monte dei Paschi di Siena, la banca che ha già ‘inghiottito’ 4 miliardi di euro prelevati dalle tasche degli italiani con la ‘benedizione’ della Banca d’Italia, altra istituzione nemica, da sempre, del Sud.

Anche di Casini e di Monti c’è poco da dire, se non del fatto che temono – e hanno ragione – di non raggiungere il 10 per cento. Per la cronaca, con il Porcellum – l’attuale legge elettorale di Camera e Senato – se una coalizione non raggiunge il 10 per cento rimane fuori dal Parlamento. E la coalizione di Monti, Casini e Fini è tutto, fuorché forte.

Fini è scomparso. Come abbiamo scritto qualche settimana fa, il suo ex Partito – An – è diviso in tanti rivoli. E il suo gruppo, tra l’altro, non sembra nemmeno il più forte. L’Udc di Casini non incanta. Non parliamo di Monti, che ormai va dicendo in giro di non essere “Il signore delle tasse”, sconfessando, a parole, tutto quello che ha fatto in oltre un anno di Governo (una scena così penosa la può offrire soltanto la scombiccherata politica italiana).

Ora Monti vuole il confronto in Tv. E ha ragione: in genere, tutti quelli che partono sconfitti vogliono il confronto in Tv con gli avversari, appunto perché non hanno più niente da perdere.

Detto questo, però, questi quattro signori – Berlusconi, Bersani, Monti e Casini – sono al Governo. E controllano il Ministero degli Interni. Cioè le Prefetture. Dove convergeranno i voti di tutti gli italiani.

Per carità, grande fiducia nelle istituzioni e bla bla bla. Ma le istituzioni sono cose diverse dagli uomini che li rappresentano. Soprattutto in Italia. Soprattutto in questo momento. E allora?

Allora occhi aperti. E’ bene che il Movimento 5 Stelle – che alla fine è il vero avversario di questi quattro signori – si organizzi. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

 

 

 

Redazione

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