Corleone, volontari nei campi Arci  «Vivere i luoghi antimafia ti cambia»

«È un’esperienza di vacanza, formazione e partecipazione. I ragazzi tornano con delle nozioni in più e con una consapevolezza diversa» racconta Luciano Rizzuti, membro dell’associazione Arci Sicilia. Quella che descrive a MeridioNews è una sorta di vera e propria avventura, quella vissuta ogni anno da numerosi volontari di età compresa fra i 15 e i 25 anni che vengono a lavorare a Corleone nei terreni confiscati a Cosa nostra. Sono i cosiddetti campi antimafia. «Dura due settimane per ogni volontario. I ragazzi danno una mano in questi campi gestiti dalla cooperativa Lavoro e non solo» spiega Rizzuti, alludendo a una cooperativa dell’Arci attiva ormai da 16 anni a Corleone. «Ha un appartamento che è stato confiscato al boss Carmelo Grizzaffi, la cui famiglia è imparentata con Totò Riina – torna a dire il giovane – Il bene è praticamente la base in cui i ragazzi alloggiano e mangiano e in cui si organizzano le iniziative formative». I campi, organizzati dall’associazione Arci, sono gestiti anche da altre organizzazioni come la Rete degli studenti, l’Udu (Unione degli universitari) e lo Spi (Sindacato Pensionati Italiani), i cui volontari si dedicano alla cucina.

A contribuire alla conoscenza di questo progetto è soprattutto il passaparola messo in atto dai numerosi volontari che vi prendono parte, oltre alla costante promozione realizzata dai membri dell’associazione e della cooperativa. Il programma prevede che tutti i giorni si esca la mattina presto per andare nei terreni. «Per ora i ragazzi sono impegnati nei campi di vigne e di pomodori. Nel pomeriggio invece si fanno diverse attività, come le gite» continua Rizzuti, che racconta di visite nei luoghi divenuti simbolo della lotta alla mafia. «Gli obiettivi principali – riprende – sono proprio la formazione dei ragazzi e far conoscere il loro impegno per rendere fruibili dei beni confiscati. Il loro è un impegno civile a tutti gli effetti». I ragazzi restano talmente colpiti da questa esperienza che in tanti decidono di tornare l’anno successivo. O di restare a lavorare in un nuovo terreno per altri 15 giorni, terminate le due settimane canoniche.

La maggior parte dei volontari che partecipano quest’anno provengono dalla Sicilia e dalla Toscana, dove l’Arci è particolarmente attiva nella promozione di questa esperienza. Sono proprio i ragazzi toscani a comporre il gruppo più numeroso: «L’Arci ha una diffusione diversa al centro-nord: mentre qui tutti i soci sono circa 10 mila, lì un solo circolo può avere anche più di 30 mila soci» spiega ancora Rizzuti. Il risultato, tuttavia, è uguale per tutti i giovani volontari, che restano particolarmente segnati da quest’avventura. «Si crea da parte loro un livello di empatia e di partecipazione molto alto, tangibile. Acquisiscono una consapevolezza diversa».

«Essendo siciliana ho sempre pensato che fosse giusto conoscere la storia della mia terra» racconta infatti Viola, quindicenne di Siracusa. «Mi porterò questa esperienza nel cuore, ho ottenuto quello che volevo: formarmi su tematiche che purtroppo oggi non vengono affrontate a sufficienza o vengono trattate con superficialità» continua la ragazza, colpita soprattutto dalla visita alla tomba di Placido Rizzotto o da quella a Cinisi nella casa di Peppino Impastato. È d’accordo anche Clotilde, pisana doc, venuta a conoscenza dell’attività di volontariato nei campi grazie ai racconti dei giovani che c’erano già stati. «Sono rimasta colpita da una frase che ho sentito ripetere spesso: che si torna cambiati – dice Clotilde – questa frase ha acceso qualcosa in me. E qualcosa è davvero cambiato, c’è stato un arricchimento». Non è solo il campo a lasciare una traccia, ma anche quello che si fa durante tutta la giornata, dal lavoro ai momenti di aggregazione. «È un’esperienza totale. Vivere nel concreto i luoghi dell’antimafia è fondamentale. Bisogna toccare con mano, viverli sulla propria pelle».

Silvia Buffa

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