Consorzio Enna vs Unict, contenzioso senza fine Udienza per il rinvio a giudizio rinviata a gennaio

In terra catanese fu vista come una sconfitta. Una decisione che spalancò i timori di un buco di bilancio nelle casse dell’università di Catania e segnò il destino dei decentramenti coordinati dall’ateneo catanese. Sono passati sette anni dall’arbitrato tra il Consorzio universitario ennese e Unict, ma gli strascichi della vicenda tornano a farsi sentire fino a oggi. È il 2008; per risolvere un contenzioso tra i due enti viene chiamato a esprimersi un collegio formato da tre nomi: Giovanni Pitruzzella (attuale presidente dell’Antitrust, legale scelto da Enna), Giuseppe Di Gesu (dell’avvocatura dello Stato) e Giuseppe Barone (avvocato patrocinatore di Catania). La questione è il pagamento di 25 milioni di euro chiesti da Catania per l’attività didattica fino a quel momento svolta: nove i corsi di laurea e quattro le facoltà coinvolte. Il Ceu propone un pagamento di gran lunga inferiore a quello richiesto, centomila euro. E il collegio arbitrale vota a favore. Catania chiede l’impugnazione del lodo, ma la Corte d’Appello etnea respinge.

Dopo qualche tempo alla procura di Catania arriva un esposto anonimo. Nel periodo in cui viene avviato il lodo, la figlia di Di Gesu avrebbe ottenuto la cattedra in tre materie importanti – Diritto internazionale, pubblico e privato -, ma non ne avrebbe avuto i titoli. Come riportato qualche giorno fa dal quotidiano La Repubblica, per due volte l’accusa presenta la richiesta di archiviazione, entrambe respinte. Inoltre, nell’ultima il giudice indica di procedere non per abuso d’ufficio ma per corruzione in atti giudiziari. Quattro le persone coinvolte: Di Gesu e Pitruzzella, l’allora presidente del Ceu Giuseppe Petralia e l’avvocato difensore ennese Carlo Comandè, allievo di Pitruzzella e suo collaboratore agli inizi della carriera forense. L’udienza camerale, che dovrà pronunciarsi su un eventuale rinvio a giudizio, era fissata per ieri, ma per lo sciopero degli avvocati penalisti tutto è rinviato al 15 gennaio. In mezzo c’è stato anche il ritiro di Pitruzzella per la corsa a giudice della Corte Costituzionale. Intanto l’ateneo ha incaricato l’ufficio legale di acquisire gli elementi necessari per una primaria valutazione. Segno di una possibile costituzione in caso di avvio di un processo. 

Il contenzioso tra i due enti ha segnato inevitabilmente – anche dal punto di vista politico – la storia dell’università etnea. Prima ancora di scegliere i propri arbitri, viene subito proposto come nome a capo del collegio quello di Giuseppe Di Gesu. Soluzione non vietata, ma che solitamente non viene utilizzata. A capo dell’ateneo di Catania, in quel periodo, c’è il rettore Antonino Recca. La cui amministrazione, negli anni precedenti, è talmente certa di ottenere una decisione favorevole da inserire la cifra milionaria nel bilancio dell’ente. Quando, però, il collegio a sorpresa riduce drasticamente la cifra da incassare, il timore di far precipitare i conti in rosso preoccupa i vertici universitari. Tanto che – anticipando di gran lunga le indicazioni della riforma Gelmini – Recca decide di unificare i bilanci delle singole facoltà annettendoli a quello centrale. Una decisione che all’epoca scatena non poche polemiche con i singoli presidi in carica. 

Nel capoluogo ennese sono i primi anni di attività dell’università privata Kore, fondata nel 2004 sulla scorta dell’esperienza del Consorzio, e che non è coinvolta nel lodo arbitrale. È un periodo turbolento per i rapporti tra le sponde della valle del Dittaino. Da una parte dopo la decisione dei tre arbitri per i professori etnei scatta il divieto di avere cattedre a Enna. Dall’altra la Kore avanza delle richieste sulle quote di finanziamento ministeriale ricevute da Unict che includevano i sostegni destinati anche agli studenti ennesi. Dopo anni di silenzio sulla vicenda, una nuova decisione dalle aule di un tribunale rischia di riportare alla luce vecchi attriti. 

Carmen Valisano

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