«Me ne rattristo». L’assessore all’Ambiente Rosario D’Agata sceglie il registro dei sentimenti per reagire alle accuse dell’ex dem Niccolò Notarbartolo, che pochi minuti prima si era detto «schifato» dal comportamento dell’amministrazione Bianco sulla governance di Asec Trade: in particolare sulle presunte pressioni ricevute dalla presidente della municipalizzata Francesca Garagliano a seguito del mancato rinnovo del contratto di Giovanna D’Ippolito, ex direttrice generale. Tensioni interne al centrosinistra in vista delle amministrative, a quanto pare. Ma le ragioni per «rattristarsi» non si contano, in un’aula semi deserta, concentrata più sul voto del 10 giugno che su quello che sarebbe venuto dieci minuti dopo. Che infatti si conclude con l’ennesima figuraccia. I presenti sono 19, 11 favorevoli, 8 astenuti. Perfino sull’approvazione dei verbali delle sedute precedenti, in una sorta di continuità molto poco virtuosa.
Prima dell’ennesimo tracollo del Consiglio comunale, si va al piccolo trotto. Sul banco dell’amministrazione siedono gli assessori Maria Ausilia Mastrandrea, Salvo Andò, Salvo Di Salvo e D’Agata. Il quartetto regge i colpi, nonostante la pioggia di critiche. Dal solito Sebastiano Arcidiacono, ma anche da Santi Bosco, da Giuseppe Catalano. E da Tuccio Tringale, che ricorda la formula del programma elettorale scritto cinque anni fa da Enzo Bianco: Catania più10. «E ora cosa faremo – sibila in aula – ci presenteremo alle persone con lo stesso programma?». Lasciando intendere che quei dieci punti non sarebbero stati conseguiti. D’Agata ci mette una pezza. «Mi lasci dire che invece abbiamo fatto molte cose – replica – per esempio le questioni finanziarie del Comune, il Patto per Catania, il Pon Metro, la metropolitana».
Poi viene il duello con Notarbartolo. Che chiude il suo intervento su Asec Trade con una frase durissima: «Un’amministrazione che manca del tutto di etica istituzionale». Poco prima aveva previsto che questo atteggiamento «consegnerà la città al centrodestra». Qui D’Agata perde un filo di pazienza. Si alza, interviene, risponde prima agli altri consiglieri e poi si concentra sull’ex compagno di partito. «Frasi estremamente pesanti – dichiara – che respingo con forza. Me ne rattristo, non fanno onore a chi le pronuncia». Il diretto interessato, nella sua contro replica, ammorbidisce leggermente il tiro ma poi dipinge l’assessore come «il parafulmine di un sindaco che avuto disprezzo per il Consiglio». Poi cade il numero legale. Ma l’ultima seduta della consiliatura non è ancora finita: domani si replica con un quorum più basso. Non è detto che basti.
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