Non finiscono i guai per Giuseppe Bordonaro, l’ormai ex re delle cave, condannato in via definitiva per mafia. Per il 61enne è arrivata da parte della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo la confisca di buona parte del patrimonio di famiglia, per un valore stimato attorno ai 15 milioni di euro. I giudici del collegio presieduto da Raffaele Malizia, non hanno applicato la sorveglianza speciale a Bordonaro, ma hanno ritenuto la pericolosità sociale e l’origine sospetta del suo patrimonio, per la sproporzione fra le entrate lecite e le dimensioni effettive.
Sottoposte a confisca così due società, la Concebi srl, che si occupa di conglomerati cementizi, e la Icm Inerti srl, mentre sono state acquisite dallo Stato quote della Atlantide Costruzioni appartenenti al fratello di Giuseppe, Pietro Bordonaro. E poi terreni, immobili, automezzi, conti, polizze, fondi appartenenti anche ad altri familiari di Giuseppe Bordonaro.
Pietro Bordonaro l’11 febbraio era stato assolto in appello dall’accusa di concorso in associazione mafiosa, dopo essere stato condannato a otto anni e sei mesi in primo grado, assieme ai costruttori edili Eugenio Avellino e Filippo Chiazzese, anche loro scagionati dalla terza sezione della Corte d’Appello di Palermo. Avellino, come Bordonaro, era accusato di concorso esterno (e aveva avuto sei anni e otto mesi), Chiazzese di fittizia intestazione di beni (cinque anni in tribunale). L’inchiesta originaria era uno dei filoni di mafia e appalti, sull’imprenditoria contigua a Cosa nostra.
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