Condannati per mafia percepivano reddito di cittadinanza Da Scintilluni all’esattore dei Lo Piccolo, 145 gli indagati

C’è anche il boss della Kalsa Antonio Lauricella, noto negli ambienti criminali come ‘u Scintilluni, tra i 145 condannati per mafia che avrebbero percepito il reddito di cittadinanza non avendone diritto. L’indagine, condotta dai finanzieri del comando provinciale di Palermo, coordinati dalla Procura del capoluogo, ha coinvolto 1.400 persone tra coloro che a partire dal 2009 hanno subito condanne definitive per reati di associazione di tipo mafioso, oppure per reati aggravati dal metodo mafioso come tentato omicidio, estorsione, rapina, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di beni, detenzione di armi, traffico di sostanze stupefacenti, illecita concorrenza con minaccia o violenza, scambio elettorale politico-mafioso, condizione che rende non idonei alla percezione della sovvenzione statale. Gli indagati sono stati denunciati con l’accusa dichiarazioni mendaci e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e all’Inps per la revoca del sussidio ed il recupero del beneficio economico.

Gli indagati, a volte in prima persona, più spesso attraverso i propri familiari, hanno chiesto e ottenuto dall’Inps il beneficio economico del reddito di cittadinanza, omettendo l’esistenza di condanne ostative. La guardia di finanza ha quantificato in circa un milione e 200 mila euro le somme percepite a partire dal 2019. Inoltre gli investigatori hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Procura di Palermo nei confronti di 26 soggetti condannati per associazione di tipo mafioso o per reati aggravati dal metodo mafioso, per un ammontare complessivo di oltre 70 mila euro. Tra i soggetti colpiti dal provvedimento figurano appartenenti alle famiglie mafiose della Kalsa, Resuttana, Passo di Rigano, Partinico e Carini e affiliati ai clan degli Inzerillo e dei Lo Piccolo. 

 Tra loro, oltre al già citato Lauricella, che ha ricevuto un sussidio di oltre 7 mila euro, ci sono anche Maria Vitale, figlia del capomafia di Partinico, Leonardo, la postina, condannata per mafia quando si è scoperto che portava gli ordini del padre fuori dal carcere. C’è Bartolo Genova, che è stato reggente del mandamento di Resutanna, e ancora Alessandro Brigati, anche lui ritenuto vicino ai Vitale di Partinico, e Domenico Caviglia, esattore del pizzo agli ordini di Salvatore Lo Piccolo, capomafia di San Lorenzo.

Redazione

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