Conca d’Oro, mai usati gli spazi concessi al Comune «Troppi soldi per arredarli e metterli in sicurezza»

Uffici comunali, polo decentrato di circoscrizione, spazio informatico o addirittura ludoteca. Erano tante le aspettative legate ai locali di quasi duemila metri quadri costruiti accanto al centro commerciale Conca d’Oro. Tante, e neppure una sola di queste concretizzata. E sono passati già quattro anni e mezzo. È marzo 2014, infatti, quando l’immobiliare Malù, che firma la realizzazione del centro commerciale, concede questi spazi a titolo gratuito per dieci anni al Comune di Palermo come opere di compensazione. È una delle condizioni alla base dell’accordo con cui l’amministrazione concede all’immobiliare di costruire su quello che all’epoca è verde pubblico.

All’indomani della consegna ufficiale, però, il nulla più totale. Quei locali vuoti erano e vuoti sono rimasti. Malgrado le tante attese e l’ottimismo del sindaco Orlando, che si augurava che questo episodio facesse da apripista per il futuro: il privato che collabora col pubblico ripagando, in un certo senso, le amministrazioni attraverso opere utili. Ma quegli spazi non sono mai stati adibiti a nulla. «È inspiegabile il loro mancato utilizzo in una città dove si assiste a un crescente bisogno di spazi pubblici», denuncia Marcello Susinno, consigliere comunale di Sinistra Comune. Che ha già depositato un’interrogazione per chiedere conto e ragione della vicenda.

                       

«Sulle due palazzine, a due passi dall’area ristoro, c’erano importanti aspettative – continua – ma a tutt’oggi risultano rigorosamente chiuse e mai fruite». In tanti, però, all’epoca si erano fatti avanti con progetti e idee per tentare di accaparrarsi questi spazi, dal Suap alla settima circoscrizione, in cerca di una sede decentrata. «Ho visto personalmente quei locali, un grosso blocco adiacente al centro commerciale, ma le loro caratteristiche mi hanno subito convinto che non ci fossero le condizioni per portare avanti quell’interesse ed eventualmente usufruirne. Perché farsi trasferire in locali che non sono del Comune?», racconta il consigliere di circoscrizione Pietro Gottuso, all’epoca presidente della stessa.

Non fu il solo a tirarsi indietro, a giudicare dallo stato di inutilizzo in cui versa ancora la struttura. Intanto il tempo scorre, e dei dieci anni di concessione gratuita, quasi la metà è già trascorsa. Una scadenza quindi che si prepara al giro di boa e al termine della quale il Comune potrà decidere se tenersi ancora i locali pagando un affitto all’immobiliare o se restituirglieli. «A chi resta poi questa patata bollente?» torna a dire Gottuso. Problema che, in ogni caso, neppure si pone. «Si tratta di ampi spazi open space, per la maggior parte, completamente vuoti – dice -. Significa che anche solo per arredarli e renderli fruibili il Comune dovrebbe investire un bel po’ di soldi, decine di migliaia di euro, per poi dover dismettere tutto o pagare un affitto». Sempre a fronte dei quattro anni e mezzo di gratuità già trascorsi. «E poi molte zone erano davvero poco illuminate all’interno di questi locali, non mi stupirei che si corresse il rischio, nell’eventualità di adibirli a qualcosa, di creare condizioni di lavoro non troppo sicure».

Motivi, questi, che potrebbero aver contributo a bloccare l’intera vicenda. «Ci fu all’epoca una presa visione dei locali, diversi uffici sembravano interessati. Del resto, il Comune non poteva tirarsi indietro nel 2014, questa concessione faceva parte di accordi precedenti per la costruzione del centro stesso sottoscritti in passato. E da quella data sono passati al settore Patrimonio». Dove si gioca ai rimpalli e nessuno vuole entrare nel merito della questione. «Qualcuno ha parlato di danno erariale, ma penso che ci sarebbe piuttosto nel momento in cui si occupino effettivamente questi locali spendendo dei soldi per poi dover andare via o pagare una retta – continua il consigliere -. Se fossero stati ceduti allora sì, perché sarebbe stato in effetti un mancato uso di qualcosa che gli appartiene di fatto». Messa così, insomma, sembra che resti aspettare il trascorrere dei restanti cinque anni e mezzo

Silvia Buffa

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