Quasi il 19 per cento dei Comuni siciliani ha certificato una situazione finanziaria preoccupante. Sono infatti 74 su 390, gli enti locali dell’Isola che rientrano tra quelli in situazione di deficit, pre-dissesto o dissesto. Numeri che fanno della Sicilia la prima regione in Italia. A diffondere i dati, che fanno riferimento alla fine del novembre 2016, è stata a inizio luglio la Fondazione nazionale dei commercialisti, con un rapporto che ha come fonti il ministero degli Interni, la Corte dei Conti e l’Istituto per la finanza e l’economia locale.
Tra i Comuni in deficit finanziario, ovvero quelli che presentano «gravi e incontrovertibili condizioni di squilibrio», sono 24 quelli siciliani, il 36 per cento del totale. La maggior parte si trovano in provincia di Messina: Graniti, Itala, Librizzi, Malvagna, Milazzo, Moio Alcantara, Oliveri, Rodì Milici, Sant’Agata di Militello, Taormina, Tortorici. Seguono le province di Ragusa e Palermo con tre amministrazioni ciascuna in deficit – Modica, Pozzallo e Scicli per l’area iblea e Camporeale, Cerda e Villafrati per quella panormita -, mentre due sono i Comuni in provincia di Catania (Aci Castello e Maniace) e in provincia di Enna (Agira e Leonforte). Un solo ente locale, infine, per il Nisseno e Siracusano, ovvero Delia eBuscemi.
Per quanto riguarda gli enti in pre-dissesto, cioè quei Comuni che hanno optato per un piano di riequilibrio che comporta un innalzamento al massimo dei tributi e una riduzione delle spese, sono 28 (alcuni compaiono già tra i deficitari) quelli che si trovano in Sicilia pari al 20 per cento del totale italiano. Anche in questo caso, il gruppo più affollato arriva dal Messinese con Giardini Naxos, Itala, Messina, Milazzo, Motta Camastra, Sant’Alessio Siculo, Taormina e Terme Vigliatore. Nel Catanese ad avere optato per il piano di riequilibrio sono state le amministrazioni di Adrano, Giarre, Mazzarrone, Randazzo, Riposto e Tremestieri Etneo, mentre nel Palermitano Belmonte Mezzagno, Caccamo, Casteldaccia, Monreale e Piana degli Albanesi. In provincia di Agrigento, in pre-dissesto ci sono Campobello di Licata, Racalmuto e Favara. Completano la lista Leonforte e Avola, rispettivamente in provincia di Enna e Siracusa.
L’ultimo insieme – quello più critico – è rappresentato dai Comuni in dissesto, ovvero quegli enti che si sono trovati in una situazione finanziaria tale da non potere «garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili» o comunque nei confronti del quale «esistono crediti liquidi ed esigibili di terzi» che non possono essere pagati. In Sicilia ce ne sono 22, con la provincia di Catania – Aci Sant’Antonio, Caltagirone, Palagonia, Santa Maria di Licodia, Santa Venerina, Scordia – a guidare la classifica, seguita da Messina (Brolo, Milazzo, Scaletta Zanclea, Tortorici), Agrigento (Casteltermini, Favara, Porto Empedocle), Ragusa (Acate, Comiso, Ispica), Palermo (Bagheria, Carini, Cefalù), Siracusa (Augusta e Lentini) e infine quella di Caltanissetta, dove l’unico Comune che ha dichiarato il dissesto è Mussomeli.
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