Comunali Siracusa, Moschella va oltre il centrosinistra «Mi candido perché la città non vada in mani sbagliate»

L’imprenditore agricolo ed ex presidente del consorzio Limone Igp di Siracusa, Fabio Moschella, è il candidato sindaco che rappresenta un’ampia fetta del centro sinistra aretuseo, ma non solo. A lui alla fine è andato il simbolo del Partito democratico, che ha scaricato il sindaco uscente Giancarlo Garozzo dopo la direzione cittadina. Su di lui scommettono anche il movimento civico dell’ex onorevole ultraottantenne Gino Foti e del parlamentare  Giovanni Cafeo, già capo di gabinetto di Garozzo ed ex segretario provinciale del partito. Accanto a lui anche l’ex assessora alle Politiche scolastiche della giunta Garozzo, Valeria Troia.

Perché ha scelto di candidarsi a sindaco?
«Per più motivi: innanzitutto l’involuzione della politica nazionale, poi per arginare il rischio che la città finisca in mani sbagliate e, ovviamente anche per essere stato individuato da forze civiche e politiche come interprete e garante di un progetto di governo in discontinuità con il passato».

Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
«Al primo posto c’è la rifunzionalizzazione della struttura amministrativa. Punteremo molto anche su un ufficio Europa per intercettare fondi comunitari e investimenti privati. Fra i punti centrali del nostro programma c’è anche l’avvio di opere pubbliche come il nuovo ospedale, la stazione marittima, il porto turistico, il nuovo cimitero e l’edilizia scolastica. La città non può rinunciare alla legalità e alla competenza. Il palazzo municipale deve tornare al suo prestigio e alla sua autorevolezza».

Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
«I miei riferimenti sono, senza dubbio, Edi Rama (il primo ministro dell’Albania), José Pepe Mujica (l’ex presidente dell’Uruguay), poi anche Enrico Berlinguer e Aldo Moro».

Con chi si alleerebbe in caso di ballottaggio?
«Sono disponibile ad alleanza con tutte le forze che sposeranno il nostro programma di governo».

Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
«Il pregio dell’amministrazione di Giancarlo Garozzo è stata certamente quello di aver tenuto la schiena dritta sul fronte della legalità. Mentre credo che il difetto principale sia stato il continuo ricambio degli assessori».

Quanto pensa di spendere per la sua campagna elettorale?
«In totale spenderò venticinquemila euro».

La sua candidatura ha rotto un po’ gli schemi della sinistra. Perché alla fine il Pd ha scelto lei?
«Non sono il candidato del solo Partito democratico ma anche di tre liste civiche: Siracusa Futura, Prossima e Presenza Cittadina. Sul mio nome si è registrata un’unità vera e questo è stato importante ai fini della mia decisione. Fermo restando il fatto la mia candidatura non credo parli al solo centro sinistra perché, appunto, raccoglie consensi ben oltre gli schieramenti».

Al suo fianco anche ex sodali del sindaco uscente Giancarlo Garozzo. Cosa cambierebbe con lei sindaco?
«Garozzo durante il suo mandato ha operato in modo incoerente e ne ha pagato amaramente le conseguenze. Oggi non ci sono più sodali di Garozzo perché si è aperta una fase nuova della vita politica cittadina».

Il centrosinistra arriva alla competizione elettorale molto spaccato. Lei per un periodo è stato vicino alla candidatura di Giovanni Randazzo. Poi ha corteggiato, in qualche modo, il candidato Francesco Italia. Cosa non ha funzionato?
«Randazzo è una bella persona ma la sua candidatura si è chiusa nell’ambito della testimonianza. Non ho mai corteggiato Italia, piuttosto l’ho invitato a riflettere sulle conseguenze della sua candidatura. Le aspirazioni personali di tutti e due, però, hanno avuto il sopravvento su una costruzione unitaria».

Il Partito democratico a Siracusa, visto da fuori, sembra un verminaio pieno di veleni, sospetti, intrecci più o meno chiari. È così?
«Non sono più iscritto al Pd dal 2014. Non oso, tuttavia, immaginare cosa sarebbe la democrazia italiana senza questo partito anche alla luce di quanto avviene in questi giorni sul piano nazionale. La politica è il luogo del conflitto e il Partito, come tutti i partiti veri, credo non sfugga a questo principio. Ma non userei termini che in questi anni sono stati abusati in una narrazione particolarmente interessata del conflitto politico e che, personalmente, non prendo in considerazione».

Marta Silvestre

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