Rifiuti, discariche ma anche interdittive antimafia e white list. Sono alcuni degli argomenti trattati dalla prefetta di Catania Maria Guia Federico in una nota inviata alla commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti in Sicilia. Il documento è stato inserita all’interno delle 400 pagine della relazione finale che è stata messa nera su bianco dai parlamentari. Un dossier articolato, frutto di un anno di lavoro, che sintetizza la situazione della gestione della spazzatura nell’Isola. Tra le problematiche affrontate da Federico c’è quello dell’esaurimento degli impianti in provincia di Catania, l’insufficienza di quelli per il compostaggio e per la lavorazione dell’umido ma anche lo strumento normativo dell’interdittiva antimafia.
Federico si è sofferma spiegando come «la sensazione è quella di lavorare ad armi spuntate», si legge nel documento. La prefetta cita l’esempio delle critiche ricevute dopo l’inserimento nella white list della società dell’incensurato Angelo Ercolano, la Sud trasporti. Il nipote del defunto capomafia Pippo Ercolano e cugino del killer Aldo, compariva nell’elenco di «fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei settori ritenuti a maggiore rischio». L’imprenditore nel 2013 era stato denunciato per essere ritenuto componente di un sistema di evasione del Fisco tramite un maxi giro di presunte fatture false.
«Il principio che ci assiste è quello del rispetto della normativa – scrive la prefetta -, Se nella legge non è scritto che chi si chiama Ercolano o Santapaola o Zagaria debba essere escluso da tutti i vantaggi economici per vent’anni, come può un prefetto di provincia escludere Ercolano laddove ci sono circostanze e indagini che non hanno rilevanza nei suoi confronti». Il rischio per Federico è quello di ricorsi a cascata da parte delle aziende davanti i giudici dei tribunali amministrativi regionali. Ecco perché c’è una richiesta precisa: «Lo strumento normativo deve essere chiaro», quello attuale «ci lascia quotidianamente in imbarazzo o da soli ad assumerci delle responsabilità più grandi di noi. Se c’è una richiesta da parte del cittadino di avere lo Stato dietro, c’è una richiesta anche da parte nostra di sentirsi con le spalle protette dallo Stato che sul territorio amministriamo».
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