Non c’è pace per il Teatro Massimo di Palermo, un tempo uno dei più importanti Teatri lirici d’Europa ridotto, oggi, a rappresentare ‘Cartelloni’ raccogliticci, a umiliare i propri artisti, a deludere il pubblico e, adesso, anche a organizzare comitati di affari. Sì, avere letto bene: comitati di affari.
Non siamo noi a dirlo: lo lascia capire, a chiare lettere, il parlamentare nazionale di Italia dei Valori, Ignazio Messina, che, in un comunicato, afferma: Vanno bloccate le procedure avviate dalla Fondazione Teatro Massimo di Palermo per laffidamento di servizi di trasporto, facchinaggio, pulizia, derattizzazione e disinfestazione .
Il comunicato stampa nasce da uninterpellanza urgente che lo stesso Messina ha presentato al Ministro per i Beni e le attività Culturali. Obiettivo: “Fare un po di chiarezza – scrive il parlamentare nazionale di Italia dei Valori eletto in Sicilia – sui bandi di gara chiusi da poco e su quelli che si chiuderanno il prossimo 26 luglio”.
Insomma, affari. Scrive Messina: Abbiamo rilevato alcune anomalie sui bandi che necessitano di qualche spiegazione. Ad esempio, perché, in luogo del solito affidamento triennale, è previsto stranamente un incarico quadriennale che permette, per la base dasta individuata di 1 milione di euro, di avvalersi di una commissione aggiudicatrice interna in luogo di una esterna composta da soggetti individuati in apposito albo? Perché si danno in affidamento esterno servizi per cui esiste già personale interno? Perché si inseriscono nei requisiti di partecipazione degli elementi talmente specifici che sembrano essere scritti per qualcuno in particolare o forse per escludere altri?”.
Insomma,il Teatro Massimo, invece di produrre opere liriche di respiro internazionale è diventato un ‘appaltificio’. La dimostrazione che i rilievi mossi ormai da tempo dalle organizzazioni sindacali e dagli stessi dipendenti – artisti in testa – sono giusti.
“I bandi – precisa il deputato nazionale di Italia dei Valori – vanno temporaneamente bloccati anche come forma di tutela dei cittadini. Si rischia infatti non solo lo sperpero di denaro pubblico, come temiamo sia accaduto su alcune aggiudicazioni del passato poco chiare, dove il criterio di economicità è passato in secondo piano ma, soprattutto – conclude Messina – si rischia di scatenare una serie di contenziosi che potrebbero bloccare anche lattività culturale.
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