Comiso, si cerca una strategia sostenibile Sac: «Senza voli, bruciati migliaia di euro»

Un’attesa durata cinque anni, un’inaugurazione a metà e uno strascico di polemiche che si prospetta ancora lungo. E’ l’aeroporto di Comiso, nel Ragusano, ufficialmente aperto il 30 maggio ma non ancora operativo. A tagliare il nastro, giovedì scorso, sono stati il sindaco della cittadina iblea Giuseppe Alfano e il presidente della società di gestione Soaco Rosario Dibennardo. Ma per i primi voli bisognerà attendere almeno agosto. Una circostanza che, nonostante le attese, ha reso l’apertura prematura secondo la Sac che detiene la maggioranza della Soaco attraverso la sua controllata Interbanca spa. «Non essere partiti il 5 aprile ci è costato già quasi diecimila euro al mese, che io chiamo penale, da dare a Enav – fa i conti oggi in una conferenza stampa Gaetano Mancini, amministratore delegato Sac – Ma altri 187mila euro sono stati spesi di assistenza al volo per vedere atterrare solo qualche aeroplanino. A cui vanno aggiunti i costi di personale, manutenzioni, utenze, pulizie e mezzi di uno scalo aperto». La posizione della società etnea non ha mancato di suscitare ulteriori polemiche, non del tutto nuove. «Ci hanno accusato di non voler aprire questo aeroporto – spiega Enzo Taverniti, presidente Sac – Quindi vogliamo fare chiarezza». Nessun conflitto di interessi, sottolineano, nonostante la società gestisca anche il vicino scalo del capoluogo etneo, «perché Comiso senza Catania non può farcela. L’unica soluzione è un sistema integrato».

E’ lo stesso Mancini a ripercorrere la storia di Sac nel progetto comisano. A partire dal 2007, quando – con un investimento di più di 17 milioni di euro – la controllata Interbanca si aggiudica il 51 per cento della Soaco, società di gestione dell’aeroporto, la cui apertura era prevista proprio per quell’anno e poi più volte rimandata. «Poi il Comune di Comiso ha iniziato ad avere delle difficoltà finanziarie che non permettevano di completare i lavori – racconta Mancini – Quindi Interbanca acquista a febbraio 2008 un altro 15 per cento delle quote per altri quasi quattro milioni. Ma ancora non bastavano e, a novembre dello stesso anno, abbiamo anticipato più di un altro milione». Cifre che da sole, secondo l’amministratore delegato, basterebbero a provare l’interesse della società all’opera, che rischiava di diventare «una classica incompiuta a cui siamo ormai abituati». «Perché si continua a dire che la Sac è disimpegnata? – chiede Mancini, rivolgendosi spesso ai cittadini comisani – Forse per distogliere da chi ha delle vere responsabilità? Perché di certo noi in questi anni non potevamo aprirlo questo aeroporto, che non ci è stato consegnato fino al 2012. Solo ora comincia il lavoro che la Sac può fare».

Con un progetto ben chiaro nelle teste dei suoi ideatori, ma che sembra non essere condiviso da tutti gli altri attori dello scalo. «Dobbiamo guardare al sistema integrato tra i due poli (quello ragusano e quello etneo ndr), se vogliamo far vivere Comiso – spiega Mancini – Da solo non può farcela, come Forlì e Rimini che ormai non esistono più. Vogliamo fallire tra un anno o vogliamo una cosa che funzioni, un polo possibile di sviluppo?». La strada da seguire, secondo Sac, è individuare tipologie di traffico diverse tra i due aeroporti. «E Comiso ha un chiara vocazione turistica e low cost, anche per il tipo di struttura». Più modesta e meno business class di Catania. «Un’importante compagnia, di cui non faccio il nome per riservatezza commerciale e con la quale ragioniamo da tempo su Comiso, ci ha chiesto di venire a Catania e sviluppare nuove tratte – insiste ancora sulla buona fede l’amministratore – Noi abbiamo risposto che, siccome i due poli sono integrati, prima definiamo Comiso e poi parleremo di Catania». «Loro proponevano di fare una tratta da e per Londra su Comiso – spiega meglio il progetto Taverniti – Noi preferiremmo una meta come Stoccolma, che a Catania non c’è, così da prendere non solo il bacino ragusano, ma anche quello etneo, siracusano e messinese». Un piano da studiare nei dettagli e non ancora pronto. «Per il quale noi sollecitiamo un vero confronto sui dati», conclude Mancini.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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