È finito sotto un
treno di gol, ma è stato il suo fischio a far partire la locomotiva. L’indagine che ha portato all’arresto di Antonino Pulvirenti è stata avviata a marzo dopo una chiamata che lo stesso presidente del Catania aveva fatto alla Procura. Denunciò alle autorità competenti il fatto di sentirsi minacciato. La notte precedente, gli ultras avevano scritto «Pulvirenti vattene» in buona parte dei muri di Cibali. Episodio collegato, da fonti giornalistiche, a una busta ricevuta parecchie settimane prima, contenente minacce e pallottole. «Tutti i fatti e i personaggi che, fin dall’inizio di questa stagione sportiva, hanno cercato di ostacolare e destabilizzare la società sono stati denunciati alle autorità competenti nei tempi e nei modi dovuti», scrisse il club sul proprio sito ufficiale.
Ma gli investigatori, messo sotto controllo il
cellulare di Pulvirenti, hanno scoperto e ritenuto meritevoli di approfondimento altri fatti e altri personaggi. Il 28 gennaio del 2013 il presidente gonfiava il petto, dicendo: «Siamo sempre rimasti fuori dagli scandali sportivi che hanno macchiato il calcio negli ultimi anni». Adesso lo stesso presidente risulta essere il protagonista di uno scandalo che, al primo sguardo, appare come il più sfacciato o il più maldestro che il mondo del pallone abbia mai visto. Almeno secondo le opinioni con cui amanti e non del calcio hanno riempito social network e bar di tutta Italia.
Le novità della
nuova stagione – tra programmi e strategie per il futuro del club – non sono arrivate da Torre del Grifo, ma dalla Procura della Repubblica. «I treni in arrivo erano i giocatori avvicinati o da avvicinare, gli orari di arrivo le maglie che avrebbero indossato nel corso della partita», così la dirigente della Digos Antonella Paglialunga descrive il gergo utilizzato per combinare le partite.
La carriera del
presidente-imprenditore è passata dalle linee aeree alle ferrovie in entrambi i casi con risultati fallimentari. E potrebbe concludersi dentro l’auto civetta della polizia che lo attendeva davanti alla Questura di Catania. Quel palazzo in cui Pulvirenti era entrato già a ottobre per chiedere aiuto e dal quale oggi è venuto fuori sotto scorta. Ma non per la sua incolumità. Era sotto misura cautelare. Nessuna stretta di mano, nessun sorriso, nessun giornalista a intervistarlo. Dopo tanto silenzio stampa, a parlare per lui è il suo avvocato, il professore Giovanni Grasso. «Il presidente è certo di poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti. Intende prendere delle decisioni immediate sul suo ruolo nel Calcio Catania al fine di potersi difendere con la massima serenità e di salvaguardare gli interessi della società sportiva».
MeridioNews mostra una foto esclusiva che ritrae Pulvirenti al tavolino di un bar con Giovanni Impellizzeri (altro indagato, ndr). Il sito ufficiale del club riporta ancora, come prima notizia, una nota dell’amministratore delegato Pablo Cosentino (indagato pure lui, ndr) sull’affare allenatore. Il presidente della serie B Andrea Abodi, che qualche settimana fa scherzava con Pulvirenti allo stadio di Carpi, scrive sul sito istituzionale: «Certe notizie fanno più male di una coltellata». I tifosi che scrivevano «Pulvirenti vattene» possono pensare che c’è riuscito da solo, con un grande autogol.
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