Colombo: l’ultimo dinosauro Dc

Quando la notte fra il 24 e il 25 giugno di quest’estate 2013, è morto, a Roma, il Senatore a vita ed ex Presidente del Consiglio Emilio Colombo -raggiungendo dopo un mese circa il collega Giulio Andreotti, coetaneo- , abbiamo pensato che se n’era andato a quasi 93 anni, l’ultimo “dinosauro” della defunta Democrazia Cristiana. E per noi che abbiamo superato la boa dei quarant’anni, è un segno del tempo che avanza. Personalmente Colombo un tantinello ci riguarda: era lui il capo del governo quando chi scrive venne alla luce; poi lo incontrammo qui nella nostra Catania già grande feudo DC, circa un decennio or sono, in un convegno di ex “democrìsti”. aveva il piglio di colui che era stato al potere in tempi di grande stile, e anche se non era una figura illuminata come Moro o Fanfani, si dava le arie di quella stirpe, di cui aveva condiviso successi e glorie e anche polvere.

I “coccodrilli” dei giornali, mentre la tv lo ha poco ricordato, sono stati tutti o elogiativi o elusivi della sua multiforme personalità di uomo del sud ammanigliato coi potenti del tempo. Era l’ultimo “padre Costituente”, fu più volte ministro, Presidente del Consiglio, ecc. Solo “Il Fatto” ha quasi incidentalmente ricordato che nel 2003 venne coinvolto in una storia di droga (probabilmente, aggiungiamo noi, per “bruciare” la sua candidatura allora ventilata alla presidenza della Repubblica): riceveva e consumava abitualmente cocaina: ma si scusò in pubblico, scrive il quotidiano. E’ vero, si è scusato. Però come non connettere, per noi che ricordiamo la storia, la sua ascesa politica a Ministro dopo lo scandalo, a base di festini hard e droga, del 1953 che vide la morte della povera Wilma Montesi e la caduta dell’allora Ministro Piccioni? Forse un filo che continua….

Ma Colombo è suggellato nella memoria della cronaca collettiva, di questi giorni e anni senza memoria -infatti nessuno ha còlto o voluto scriverne, il nesso- da un film bellissimo nel suo essere grottesco e di denuncia, una pellicola del 1971, uscita nel 1972 e allora fortemente censurata e osteggiata (ci furono interrogazioni parlamentari, divieto ai minori di 18 anni, critici marxisti ferocemente nemici, ecc.), del regista Lucio Fulci e con protagonisti il palermitano Lando Buzzanca e Laura Antonelli: “All’onorevole piacciono le donne”.

Se avessimo avuto una televisione, pubblica e privata, libera e non schiava del potere quale ch’esso sia, questo film si sarebbe dovuto trasmettere, alla morte di un gerònte DC come Colombo. Perchè quel film, nel personaggio protagonista impersonato da Buzzanca, l’onorevole Puppis, ridicolizza proprio l’allora capo del governo, che era Colombo, di cui erano notorie, specie nell’ambiente della Destra italiana -la DC lo sapeva ma era proprio l’ipocrisia del tempo- le tendenze omosessuali, come oggi si dice, mascherate dietro l’ossessione per le donne e gli amori per una Suora (unica vergine in un convento…).

E non solo. Il film denuncia lo spaventoso intreccio tra Vaticano, mafia e attentati (vi dice nulla tutto ciò nel 1972, a molti anni di distanza dalle stragi di Falcone e Borsellino di cui non si conoscono i mandanti occulti? Lèggasi le dichiarazioni del “pentito” Vincenzo Calcara riportate con coraggio da Salvatore Borsellino…) per far giungere al Quirinale Puppis: con l’esplosione di un aereo, muore in volo l’avversario designato, Torsello, per volontà del Cardinale (impersonato dal bravo Lionel Stander).

Non possiamo evitare di pensare a quell’aereo partito nel 1962 dall’aeroporto di Fontanarossa di Catania e precipitato per una misteriosa esplosione in volo a Bascapè, nel canavese, nel 1962: a bordo c’era e moriva il Presidente dell’ENI Enrico Mattei, un uomo libero, un vero combattente per l’Italia. Ministro dell’Industria dell’allora governo Fanfani, era Emilio Colombo. Sempre fervido atlantista.

Se la cinematografia ha insegnato qualcosa ed è stata anticipatrice lucida o visionaria di un fòsco avvenire, non sappiamo. Ma il “fil rouge” sembra quello. Ora la morte del “dinosauro” Colombo, con il suo viso da maschera di cera di un tempo in cui la Nazione italiana era certo più prospera e felice, ma anche molto, molto ipocrita e bacchettona, depone l’oblìo sul cadavere. O forse, sui cadaveri. Parce sepulto.

Francesco Giordano

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