A lui è toccata la condanna più pesante: 12 anni e 4 mesi di reclusione, con gli uomini della questura di Trapani che lo hanno arrestato a Mazara del Vallo, dove si trovava agli arresti domiciliari. Carmelo Crisafulli, conosciuto nel quartiere popolare di San Cristoforo con il soprannome di ‘u niuru, è il nome di spicco della lista di imputati a cui la corte di Cassazione ha deciso di rendere definitiva la condanna per droga dopo il blitz Colomba. L’uomo, classe 1981, è il fratello di Giovanni, detto ‘u tuccu, e figlio di Franco cacazza Crisafulli, quest’ultimo più noto nel panorama criminale etneo perché ritenuto elemento di spicco del clan Cappello-Bonaccorsi. I giudici ermellini si sono espressi nell’udienza del 21 settembre scorso a chiusura, se pur ancora parziale, di un percorso giudiziario iniziato nel 2014 quando gli agenti della polizia etnea arrestarono 48 persone. Ritenute, a vario titolo, di fare parte di un’associazione a delinquere, capeggiata dai fratelli Crisafulli, finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, senza però l’aggravante mafiosa. A fornire un aiuto fondamentale agli inquirenti sono stati i collaboratori di giustizia, su tutti l’ex reggente dei Carateddi Gaetano D’Aquino.
A immortalare il supermarket della droga erano state le telecamere delle forze dell’ordine che, per mesi, hanno monitorato la compravendita della marijuana, il conteggio dei proventi dello spaccio ma anche alcuni aneddoti. Tra i quali spicca quello del 29 aprile 2011, quando le lancette dell’orologio segnano le 16.21. In quel momento si vede sopraggiungere una Mercedes classe A lungo via Colomba, ritenuta la roccaforte del gruppo criminale. Dall’auto veniva fatto scendere un anziano che, attorniato da Carmelo Crisafulli e dai suoi sodali, viene prima rimproverato e poi preso a schiaffi.
L’esito giudiziario rimane però ancora insoluto per l’aggravante specifica dell’ingente quantitativo di stupefacente. Una circostanza, prevista nel testo unico sulla droga del 1990, applicata dai giudici in primo e secondo grado ma non da quelli della Cassazione. In sostanza, affinché possa essere contestata l’aggravante, dal 2016 è necessario essere in possesso di un quantitativo di droga quattromila volte superiore a quello che può essere detenuto per uso personale. Nel caso del blitz Colomba, però, la quantità di droga in possesso del gruppo – tale da far scattare l’aggravante – sarebbe stata calcolata non con precisione, a seguito di un sequestro, ma ricostruendo il volume d’affari della vendita al dettaglio. Una differenza non da poco per i legali della difesa e, pare, anche per la Cassazione. «Hanno riconosciuto la validità della tesi da noi sostenuta nel ricorso e annullato quella parte di sentenza impugnata», commenta a MeridioNews l’avvocata Laura Biondo. In pratica è stato accertato che gli imputati hanno commesso i reati loro contestati, ma per la determinazione definitiva della pena bisognerà attendere un nuovo passaggio in secondo grado per chiarire questo punto.
In via Colomba, e nel dedalo di stradine vicine, cioè via fratelli D’Antoni, via Telefono, via Viadotto e via delle Calcare, il gruppo avrebbe gestito in modo militare un giro di denaro da 20mila euro al giorno, smerciando principalmente marijuana. La droga, ai tempi, sarebbe stata acquistata dal gruppo santapaoliano dei fratelli Nizza e in particolare «da Giovanni detto banana». A beneficiarne erano circa un migliaio di acquirenti che ogni giorni si mettevano in fila con le loro macchine. Qualcuno si recava in via Colomba anche in bicicletta o a piedi. Numeri che moltiplicati fanno un certo effetto: quasi quattro milioni di euro di incassi in un anno a fronte di oltre 300mila clienti. «Da questa piazza viene mandato il mantenimento in carcere a Michele Vinciguerra, per un importo di 500 euro alla settimana, e 1500 euro alla settimana a Franco Crisafulli. Queste somme venivano consegnate ai familiari dei predetti», raccontava ai magistrati il collaboratore dei giustizia D’Aquino. All’interno dell’organizzazione ci sarebbe stata anche una cassa comune.
Ecco l’elenco delle condanne:
Carmelo Crisafulli: 12 anni e 4 mesi
Alfio D’Ignoti Parenti: 7 anni
Antonino Di Benedetto: 7 anni e 4 mesi
Agatino Di Mauro: 6 anni e 8 mesi
Giuseppe Di Mauro: 7 anni e 2 mesi
Vincenzo Di Mauro: 7 anni e 4 mesi
Daniele Gagliano: 6 anni e 10 mesi
Mario Margherella: 8 anni e 1 mese
Salvatore Mascali: 6 anni e 8 mesi
Gaetano Moschella: 7 anni e 6 mesi
Giovanni Munzone: 7 anni e 4 mesi
Orazio Sergio Pacifico: 6 anni e 8 mesi
Maria Grazia Pastura: 6 anni e 8 mesi
Fortunato Tiplica: 7 anni e 8 mesi
Orazio Toscano: 6 anni e 10 mesi
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