LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI PIU’ RAPPRESENTATIVE DELLA REGIONE SICILIANA CHIEDONO ALLA POLITICA DI FARE CHIAREZZA SULLA GESTIONE DEL PARLAMENTO DELL’ISOLA
Una “furbata e porcata istituzionale” e un atto di “ipocrisia politica”. Questo il giudizio dei rappresentanti del Sadirs e dei Cobas/Codir, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative negli uffici della Regione siciliana, a proposito dell’informazione divulgata in questi giorni sulla sospensione del vitalizio dell’ex deputato ed ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro.
A giudizio dei sindacati, infatti, “la notizia diffusa ad effetto proprio in questi giorni dal presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, appare come un goffo e scadente tentativo di sopire le polemiche scoppiate in questi giorni relativamente agli stipendi d’oro del personale dell’Ars, distraendo così l’attenzione dell’opinione pubblica dalla vera questione: l’inaccettabile mancanza di trasparenza dell’Ars stessa, legittimata in questo da leggi che non prevedono l’applicazione della normativa in materia per l’amministrazione del Parlamento regionale siciliano”.
“Se i deputati vogliono porre fine all’omertoso atteggiamento tenuto sino ad oggi in materia di sperperi e stipendi faraonici, riconquistando la fiducia dei cittadini – continuano i sindacati Cobas/Codir e Sadirs – approvino, nella prima seduta utile, un semplicissimo articolo che estenda all’Ars l’applicazione della legge regionale 5/2011 (cd. Legge Chinnici) che si applica già in tutte le pubbliche amministrazioni siciliane”.
L’ultima parte del comunicato non ci sembra molto chiaro:
“Infatti, la legge Chinnici sulla trasparenza (http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g11-16/g11-16.pdf) – prosegue la nota delle due organizzazioni sindacali – ha lasciato, in modo inequivocabile, una zona grigia, un’area franca nascosta ai cittadini, una ‘torre d’avorio’ in cui in nome della privacy è legittimo persino segretare e non pubblicare i redditi del personale così come, invece, avviene per tutti i rami della pubblica amministrazione italiana e siciliana”.
Ma se la legge Chinnici “ha lasciato, in modo inequivocabile, una zona grigia, un’area franca nascosta ai cittadini, una ‘torre d’avorio’ in cui in nome della privacy è legittimo persino segretare e non pubblicare i redditi del personale” perché bisognerebbe applicarla all’Ars dove, come osservano gli stessi sindacalisti, non c’è trasparenza?
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