Ciulla fra le 100 donne del 2016 per il Corriere «Riconoscimento anche per chi lavora con me»

Dalle olimpioniche italiane come la nuotatrice
Rachele Bruni e la schermitrice Bebe Vio, alla tennista statunitense Serena Williams. E ancora attrici del calibro di Emma Watson e cantanti come Beyoncé e Adele. Nonché le attiviste, le giornaliste e le donne della politica come Maria Elena Boschi e Laura Boldrini o l’ex first lady americana Michelle Obama. Ma ci sono anche Angela Merkel, la regina Elisabetta e Virginia Raggi. Tutti nomi che non passano inosservati. Sono le 100 donne del 2016 scelte dal Corriere della Sera, un «mosaico di vite straordinarie» che hanno influito, ognuna nel proprio ambito, sull’anno che volge al termine. Fra queste c’è anche Agnese Ciulla, assessora alla Cittadinanza sociale a Palermo. «Sono grata per avermi inserita all’interno di queste 100 donne, ce ne sono molte che hanno un rilievo e un’importanza mondiale, per cui io mi sento molto piccola», commenta l’assessora a MeridioNews. Al momento dell’intervista da parte della giornalista del Corriere, infatti, Ciulla non sapeva che il fine ultimo sarebbe stato proprio quello di finire nel prestigioso elenco.

«Questo, in realtà,
è un riconoscimento a tutte quelle persone che lavorano con me, perché il mio lavoro di accoglienza ai minori stranieri non lo faccio da sola – spiega l’assessora – lo faccio con comunità, assistenti sociali, protezione civile, volontari, forze dell’ordine e aziende sanitarie. C’è una macchina dietro e un mondo intero attorno alla volontà di accogliere». Un riconoscimento, quindi, che la donna sente di dover condividere con l’intero gruppo di lavoro con cui quotidianamente collabora. E a chi chiede dove trovi lo stimolo necessario per continuare, sbarco dopo sbarco, la risposta arriva decisa: «Si deve fare, punto. Ci sono persone che arrivano, che hanno storie e vissuti terribili, è una scelta politica quella di riconoscere i diritti, è difficilissimo e complicato, perché non sempre poi i risultati arrivano subito». La parola d’ordine, però, è quotidianità, perché il lavoro in realtà c’è anche lontano dai porti e dagli sbarchi. «Non sono l’assessore degli immigrati o dei minori stranieri non accompagnati, sono l’assessore di questa città, tutte le persone che vivono qui sono in qualche maniera sotto la mia responsabilità di dare a tutti dignità. Mi alzo tutte le mattine semplicemente per fare il mio lavoro».

Lavoro del quale, spesso, spiccano solo alcuni aspetti, mentre altri restano nell’ombra e nel silenzio mediatico. Si racconta solo quello che fa clamore o che fa discutere. «
L’impegno è quotidiano e su più fronti, purtroppo risalta alla cronaca solo una parta di quello che si fa – dice infatti Ciulla – Basta vedere gli atti formali che il settore delle attività sociali ha sfornato: c’è una graduatoria per l’assistenza economica straordinaria e una per il contributo al disagio alloggiativo, 2.200 famiglie in carico al Sia (il Sostegno per l’inclusione attiva) e minori nativi italiani in comunità su cui stiamo facendo un lavoro». A questo si aggiungono anche altre realtà, come quella delle case di riposo, della disabilità o delle persone affette da disagio psichico seguite costantemente da personale specializzato: «Questo è un settore molto complesso, che abbraccia un sacco di interventi e di servizi, che non finiscono sui giornali – prosegue l’assessora – E quindi probabilmente si ha la percezione di interventi mirati esclusivamente a un tema, come quello dell’immigrazione, ma spesso questo è anche quello che la politica vuole fare credere. Il lavoro è costante ed è per tutti».

Non mancano, infatti, i palermitani convinti che l’amministrazione comunale metta al primo posto i bisogni e gli interessi dei migranti, anziché quelli dei cittadini. «Chi pensa e ha questa percezione probabilmente valuta in base al proprio stato di bisogno e alle proprie difficoltà – spiega Ciulla – La risposta migliore da dare a queste persone credo sia quella di
aprirsi al dialogo, di raccontare e spiegare e anche sostenere eventualmente le difficoltà. Sono convinta che il metodo migliore sarebbe di aprire le frontiere, toglieremmo il giocattolo a tanti». Si chiude, insomma, con un bilancio positivo l’impegno profuso durante quest’anno. E per il 2017 ci si aggrappa a un po’ di ottimismo: «Per il prossimo anno mi auguro che ci sia il diritto per tutti di muoversi liberamente, perché il concetto di diritto di per sé non può essere legato a dove si vive».

Silvia Buffa

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