Città metropolitane? No, confusione metropolitana

STAMATTINA A PALERMO UN CONVEGNO SU UN ARGOMENTO SUL QUALE LA POLITICA SICILIANA MOSTRA SOLO PRESSAPPOCHISMO. ANCHE SUI CONSORZI DI COMUNI I POLITICI DI SALA D’ERCOLE DIMOSTRANO DI NON CONOSCERE NEMMENO L’ARTICOLO 15 DELLO STATUTO. INSOMMA, MEGLIO RINVIARE TUTTO AL DICEMBRE DEL PROSSIMO ANNO

Le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina? Il Governo regionale dimostra di avere tante idee, ma tutte regolarmente confuse. Non va meglio sui Consorzi di Comuni. Con l’attuale politica siciliana che vorrebbe imporre ai Comuni i ‘propri’ Consorzi, tradendo lo spirito dell’articolo 15 dello Stato dove si parla di “liberi Consorzi di Comuni”, proprio perché debbono essere gli stessi Comuni a unirsi liberamente.

Insomma, da questa politica siciliana non c’è proprio nulla da prendere. E lo si è visto stamattina nel corso del confuso e raffazzonato convegno organizzato dalla presidenza del Consiglio comunale di Palermo. Un appuntamento inutile. Con i politici che – a parte Valdo Spini – non hanno fatto altro che “citarsi addosso”, per dirla con Woody Allen.

Tra gli organizzatori di una mattinata anche l’Asael, l’Associazione degli amministratori degli enti locali siciliani. Di scena un argomento ostico. D’altra parte, l’istituzione di un nuovo ente locale, che rappresenta un’innovazione costituzionale non è cosa di poco conto e pertanto non meraviglia affatto che si presentino opzioni diverse sia sulle sue funzioni, sia sul modo di realizzarle.

A parte i contributi che sono venuti dall’onorevole Valdo Spini (per l’esperienza che egli ha maturato nella qualità di presidente della Commissione per gli Affari istituzionali della città di Firenze), che ha passato in rassegna le diverse esperienze che in materia sono maturate in campo europeo, la discussione ha fatto costante riferimento al disegno di legge approntato dal Governo regionale che dovrebbe essere approvato entro quest’anno. Così, almeno, spererebbe l’onorevole Antonello Cracolici, parlamentare regionale del PD e presidente della Prima Commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali).

Ascoltando le parole di Cracolici abbiamo maturato l’olimpica certezza che forse è meglio che di questo confuso disegno di legge non se ne faccia nulla, perché l’intera operazione ricalcherebbe l’attuale schema amministrativo, cambiando soltanto il nome alle attuali Province chiamandole ‘liberi Consorzi’. Un mutamento di facciata, al netto di quella cinquantina di Comuni che non scomparirebbero, ma resterebbero come soggetti istituzionali di base che esprimerebbero un ente di secondo grado quale coordinatore di servizi comuni nel territorio, coincidente con quello delle attuali Province. Il territorio comunque subirebbe una parziale riduzione a seguito dell’adesione dei Comuni delle fasce territoriali adiacenti ai tre capoluoghi di Catania, Messina e Palermo, individuati come città metropolitane. Con il rischio che gli stessi Comuni assorbiti vengano trasformati in squallide periferie. 

Come diceva il Gattopardo? “Se vogliamo che tutto resti come prima, bisogna che tutto cambi…”. A parte, ovviamente, i possibili peggioramenti. Vogliamo appena accennare, per esempio, alla cervellotica modalità di elezione dei Sindaci metropolitani? Modalità che dimostra la confusione che regna nelle teste di chi ha pensato questo bizzarro e sconclusionato disegno di legge.

Le città metropolitane dovrebbe realizzare economie di finanza pubblica e amministrare territori ampi. L’elezione del Sindaco metropolitano dovrebbe essere diretta, mentre il Consiglio metropolitano verrebbe eletto in misura proporzionale dai Consigli comunali esistenti, che continuerebbero ad esistere. Una ‘bordelliata’ totale. Si realizzerebbe ancora una volta il miracolo evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci…

In sostanza, sia il disegno di legge del Governo Crocetta, sia il dibattito di stamane hanno trascurato un dettaglio che in democrazia è tutto: e cioè il significato dei termini libertà e sussidiarietà. La questione dei termini appena ricordati non è secondaria al fine di rispettare il dettato statutario riguardante i ‘liberi Consorzi’ di Comuni.

La legislazione regionale in materia dovrebbe limitarsi a definire i compiti che questi organi di servizio dovrebbero assolvere e basta. Perché in quanto alla loro costituzione ed alla composizione territoriale dovrebbe rientrare, come già accennato, nella competenza esclusiva della libera scelta dei Comuni di associarsi tra di loro per conseguire obiettivi unitari, specialmente sul terreno dello sviluppo dei loro territori e delle economie locali nonché dei servizi relativi. Cosa, questa, che è per l’appunto prevista dall’articolo 15 dello Statuto autonomistico siciliano.

Invece la politica siciliana vuole imporre ai Comuni i ‘propri’ Consorzi, calpestando l’articolo 15 dello Statuto. Questo purtroppo succede quando la rappresentanza di Sala d’Ercole – e lo diciamo con amarezza – non è di qualità eccelsa. E quando al Governo arrivano assessori arruffoni e frettolosi. Insomma, abbiamo la sensazione che il progetto di riforma degli enti locali sia finito nelle mani di politici che perseguono interessi di bassa politica, piuttosto che quelle dei territori.

A parte la confusione dei politici siciliani, va segnalato l’interessante intervento di Valdo Spini, che ha fornito alcuni esempi relativi alle esperienze maturate in Europa. Per esempio, in Francia le Communautés urbaines sono istituzioni associative di Comuni che hanno individuato uno spazio di solidarietà per elaborare e condurre insieme un progetto comune di sviluppo e di gestione del territorio. O l’esperienza dei Districts in Inghilterra, la cui dimensione è almeno venti volte superiore a quella media dei Comuni italiani. Esperienza, quest’ultima, che ha conseguito “effetti positivi sotto il triplice profilo del controllo della spesa pubblica, della razionalità nella erogazione dei servizi e della pianificazione del territorio”.

L’unica conclusione possibile sulla base della discussione che si è svolta oggi a Palermo è che possiamo dire che siamo all’inizio di un dibattito che si presenta complesso, ma che certamente non potrà trovare conclusione entro la data di fine dell’anno, come vorrebbe l’onorevole Cracolici. Sarà proprio il caso di prorogare il termine del 30 dicembre prossimo e coinvolgere nella discussione anche le forze della società civile, le forze e le organizzazioni culturali e sociali per valorizzare al massimo le esigenze dei territori.

 

Giulio Ambrosetti

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