Gli incendi sono già tornati, forse non ancora con la virulenza del 2017, ma ci sono. Sull’Etna i boschi e le contrade vanno a fuoco, oggi come nelle estati del passato. A preoccupare la popolazione pedemontana non è però il riproporsi di un’emergenza purtroppo ciclica come le stagioni, bensì l’eventualità che quest’anno non arrivi nessuno a fermare le fiamme. Fa discutere infatti il disarmo dei due distaccamenti volontari dei vigili del fuoco collocati sul versante nord della montagna, quelli di Linguaglossa e Maletto. Da qualche giorno i mezzi come le autopompa serbatoio a disposizione dei volontari di queste due caserme sono stati trasferiti altrove, perlopiù nel Calatino. Dietro la scelta – «provvisoria» secondo quanto appreso da MeridioNews – del comando provinciale retto da Giuseppe Verme, ci sarebbero ragioni che non restituiscono un quadro di buona salute per il corpo dei vigili del fuoco catanesi. La coperta è corta, su uomini e mezzi, e quando serve presidiare una porzione di territorio se ne lascia scoperta, più o meno in maniera calcolata, un’altra. Sperando di fatto che, anche se in apnea, il compito dei pompieri venga comunque portato a termine fino in fondo.
Quest’anno serviva coprire i fabbisogni dal punto di vista dei mezzi delle quattro squadre in regime di straordinario attivate, come di consueto, nell’alveo delle convenzioni stipulate con la Regione Siciliana – che si traducono in fondi dal governo al comando provinciale – per la campagna antincendio boschiva dell’estate. Ecco perché i veicoli dei distaccamenti volontari avrebbero lasciato Linguaglossa e Maletto per altri lidi. Il versante nord del vulcano resta così presidiato dal distaccamento provinciale di Randazzo, dove sono solo cinque i pompieri in servizio, e l’eventuale contributo d’emergenza delle sedi di Adrano e Riposto in prima battuta. Con la promessa, circolata informalmente, di riattivare i distaccamenti volontari etnei non appena altri mezzi, al momento in riparazione, potranno tornare sul campo. Lì dove gli incendi sono una minaccia che mette costantemente a repentaglio il patrimonio naturalistico del parco dell’Etna: nel 2017 sono stati centinaia gli ettari andati in fumo, mentre i roghi minacciavano talvolta anche i centri abitati.
I contorni della vicenda, dunque, restano di grande incertezza, e per questo si levano le voci critiche. Da un lato ci sono le amministrazioni comunali: a Maletto è stato promosso un tavolo fra tutti i Comuni del versante nord per attirare l’attenzione della prefettura di Catania. Dall’altro c’è la base dei lavoratori, i pompieri in prima linea ben consapevoli dei limiti del contingente di cui fanno parte. «Ci dissociamo dalla scelta, ma sappiamo anche che le carenze d’organico e di attrezzature – spiega a MeridioNews Carmelo Barbagallo, membro dell’esecutivo regionale del sindacato Usb vigili del fuoco – spingono costantemente il corpo a tappare i buchi spostando risorse da un posto e svuotandone altri. Oggi è il turno di Maletto e Linguaglossa, domani forse toccherà ad altri distaccamenti strategici». Questo il caso, ricorda il sindacalista, di sedi da centinaia di interventi come San Giovanni Galermo e Paternò. Ad andarci di mezzo, così, è la sicurezza non solo della popolazione, ma degli stessi vigili del fuoco: «Lavoriamo in condizioni critiche e il territorio resta senza difesa». I sindaci intanto stanno informando la prefettura, dove già l’anno scorso i numeri delle difficoltà dei pompieri catanesi sono finiti nero su bianco: un organico sottodimensionato di circa il 15 per cento, ospitato in distaccamenti tutti più o meno carenti di manutenzione, deve affrontare oltre ottocento interventi annui rispetto a una media nazionale di circa cinquecento.
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