Chirurgia pediatrica: “Attendere, prego…”

“Sa perché siamo venuti a trovarvi? Perché non vogliamo che altri genitori vivano l’esperienza che abbiamo vissuto noi. Perché non è piacevole che nostro figlio, a sette anni, debba sottostare a un trattamento così spiacevole”.

A parlare sono marito e moglie. Lui si chiama Isidoro Farina. Lei Rosaria La Spisa. Il loro bambino, sette anni, ha qualche problema. Decidono di farlo visitare dal professor Enrico De Grazia, primario di Chirurgia pediatrica al Policlinico universitario di Palermo. Il bambino vene visitato nello studio privato del professore De Grazia. Visita, diagnosi, pagamento del medico (euro 200), fattura. Tutto a posto.

Il bambino deve subire un piccolo intervento chirurgico.

“In due giorni, ci dice il professore, facciamo tutto”, racconta la mamma.

Il primo giorno le analisi di rito, il secondo giorno l’intervento. Il bambino viene visitato il 5 marzo. L’appuntamento per le analisi è il 28 marzo. Il giorno successivo, il 29 marzo, verrà effettuato l’intervento chirurgico.

La mattina del 28 marzo, alle sette e trenta del mattino, padre, madre e bambino si presentano al Policlinico. Bambino rigorosamente a digiuno per le analisi di rito.

“Per un prelievo di sangue e un elettrocargiogramma aspettiamo fino alle 12,40. Si può fare”, ci dice la mamma.

A nostro avviso non ci sta proprio. Tenete un bambino di sette anni digiuno per oltre cinque ore non ci sembra degno di un Policlinico universitario. Con un’organizzazione diversa si potrebbe fare di più e di meglio.

L’appuntamento con l’anestesista è fissato per lo stesso giorno alle 16,00. Appena il tempo di tornare a casa a prendere un boccone. Ma viene rinviato all’indomani, sempre alle 16,00. Così i giorni per risolvere il problema del bambino, da due, diventano tre.

“Ci sta pure questo”, ci dice la mamma. Che, alla fine, è piuttosto paziente.

L’indomani papà, mamma e bambino, alle 15 3 45, con un quarto d’ora di anticipo, sono dall’anestesista. Che li riceve alle 17 e 40. Con un’ora e dieci minuti di ritardo.

“E ci sta anche questo”, ci dice la mamma.

L’intervento chirurgico è fissato per l’indomani mattina.

“Dovete essere qui alle otto di mattina in punto – dicono i medici -. Vostro figlio è il terzo della lista”.

L’indomani matttina, alle sette e trenta, papà, mamma e bambino rigorosamente digiuno sono al Policlinico. Al bambino e alla mamma viene assegnata una stanza. A questo punto inizia l’attesa.

Le otto, le otto e mezza, le nove, le dieci, le undici, le dodici, le tredici A questo punto, la mamma percepisce che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Una signora avverte la mamma: “Guardi che oggi non lo operano più. Qui alle 14 in punto vanno via. Si metta il cuore in pace…”.

Alle 13 e trentacinque si presentano due giovani dottoresse. Dal loro sguardo si capisce che c’è qualche problema.

“Signora – dicono le due dottoresse – ha parlato con l’anestesista?”.

“No”, risponde Rosaria La Spisa.

Arriva l’anestasista: “Signora, oggi purtroppo non arriviamo ad eseguire l’operazione. Alle quattordici stacco. Dovere tornare tra quattro giorni”.

Rosaria La Spisa non nasconde il proprio disappunto: “Ma stiamo giocando?”, dice.

“Signora, stia attenta a come parla!”, è la risposta delle due dottoresse.

“Ma lo capite o no che sono qui con il mio bambino da quasi sei ore? Mio figlio è digiuno e preoccupato. Mi ha posto mille domande. E’ ansioso. Non è giusto trattare così le persone. Voglio parlare con il professore De Grazia”.

Passa ancora un quarto d’ora e la mamma è finalmente al cospetto del professore De Grazia.

“Signora, noi non giochiamo – dice il professore -. A me non interessa che suo figlio è digiuno da ieri a mezzanotte. Per me non è questo il problema. Se per voi è importante vostro figlio, per me non è così importante. Per me suo figlio può restare così com’è per un altro anno”.

“Dottore – risponde la mamma – io sono consapevole della delicatezza del lavoro che voi svolgete. Ho solo fatto presente che sono qui ad aspettare da sei ore con un bambino di sette anni a digiuno. E questo non mi sembra giusto”.

“C’è stata un’emergenza”, risponde il professore De Grazia.

“Passi anche l’emergenza – controribatte Rosaria La Spisa -. Ma perché farci aspettare fino alle tredici e e trenta? Ci vuole anche un po’ di rispetto per le persone”.

Già, l’educazione e il rispetto. La visita a pagamento. Le attese. I giorni che, da due, diventano tre. Con i genitori che devono prendersi prima due, poi tre giorni di permesso e di ferie. Con Monti e la ministra Fornero che predicano la “produttività del lavoro”. Con un bambino di sette anni lasciato digiuno per sei ore di fila. Dopo la trafila, il rinvio dell’intervento chirurgico, forse di tre, forse di quattro giorni. Sarà tutto così il Policlinoco universitario di Palermo? La Chirurgia pediatrica del professore De Grazia è così.

Questa è uno spaccato della sanità pubblica a Palermo. Chissà se l’assessore regionale alla Salute, il ‘tecnico’ Massimo Russo, avrà il tempo di leggere questo articolo. Visto che è impegnato – da ‘tecnico’ o da politico? – nella campagna elettorale per le elezioni comunali di Palermo.

Ah, dimenticavamo: ovviamente, mamma, papà e bambino hanno deciso di stare alla larga dal Policlinico universitario di Palermo. Isodoro Farina e Rosaria La Spisa e il loro bambino hanno già prenotato la visita presso un’altra struttura sanitaria. Dove, così ci dicono, oltre che gentili e disponibili, sono persino educati…

 

Giulio Ambrosetti

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