«Sono stato io a spingere mio cognato ad autodenunciarsi per l’immobile abusivo. Quindi quando ho saputo che l’autodenuncia, poi rivelatasi falsa, era stata presentata, gliene ho parlato, certo che avesse seguito il mio consiglio. Non potevo immaginare che la firma sotto l’esposto non fosse sua». Si difendeva così Patrizio Cinque, il sindaco pentastellato di Bagheria, in merito alla vicenda della presunta casa abusiva del parente che ha scosso il M5s siciliano. Oggi la Procura di Termini Imerese, nel corso dell’udienza preliminare, ha chiesto per Cinque il rinvio a giudizio. Il primo cittadino bagherese, che nel frattempo si è autosospeso dal Movimento cinque stelle, risulta indagato per falso ideologico, turbata libertà degli incanti, violazione del segreto d’ufficio e abuso d’ufficio.
Insieme al giovane sindaco anche altri 23 coindagati, mentre è stata stralciata e rinviata a novembre la posizione di Salvatore Asaro, che ha scelto il rito abbreviato. L’inchiesta riguarda anche alcuni imprenditori, funzionari comunali, l’ex assessore ai Lavori pubblici, un vigile urbano e l’ex commissario della città metropolitana. Dopo la richiesta della Procura sono cominciate le discussioni dei legali. L’udienza è stata rinviata a mercoledì prossimo per la prosecuzione delle arringhe e potrebbe essere quella la data in cui il giudice di udienza preliminare valuterà se accettare o respingere la richiesta di rinvio a giudizio.
Tra le contestazioni fatte dagli inquirenti a Cinque c’è quella di avere fatto pressioni sull’ex commissario della città metropolitana, Manlio Munafò, anche lui indagato, affinché il palazzetto sportivo di Bagheria fosse affidato in partnership al Comune e all’associazione Nuova Aquila Palermo. Accuse che Cinque ha sempre negato , spiegando invece di aver sempre spinto per far gestire il palazzetto ai Comuni – con Bagheria capofila – e non ai privati. E di aver presentato la busta per la manifestazione di interesse, ma oltre il tempo massimo consentito. Il sindaco è poi imputato anche di violazione di segreto d’ufficio nella vicenda relativa alla casa abusiva del cognato, perché avrebbe rivelato al familiare l’esistenza di un procedimento a suo carico.
Nell’inchiesta è poi finita una intercettazione in cui il primo cittadino contestava l’emendamento che inaspriva le sanzioni per gli abusi edilizi, presentato dall’allora collega del M5s Claudia Mannino. In quell’intercettazione Cinque aveva definito Mannino «una minchiona». Infine a carico di Cinque ci sono anche accuse di irregolarità nella gestione della raccolta dei rifiuti.
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