Chi è Nicastri: da elettricista a un impero da 1,3 miliardi Guai giudiziari sin dagli anni ’90, ma mai uscito di scena

Da semplice elettricista a re indiscusso dell’eolico in Sicilia. Un’ascesa rapida e milioni di euro accumulati. «Il signore del vento» è stato soprannominato qualche anno dal Financial Times che gli dedicò una copertina. Vito Nicastri, imprenditore alcamese, regista di molti impianti eolici in Sicilia e non solo. Per gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Palermo, uno spregiudicato manager al servizio delle cosche, cresciuto all’ombra del superlatitante Matteo Messina Denaro

L’ingresso nel mondo dell’imprenditoria ha inizio negli anni ’80 quando, assieme ai fratelli, fonda ad Alcamo la cooperativa agricola La Gioventù, salvo poi lasciare, dopo breve tempo, per darsi all’elettronica ed all’idraulica, lavorando presso alcune aziende di installazione e manutenzione di impianti elettrici. Agli inizi degli anni novanta i primi guai giudiziari: Nicastri rimane coinvolto in una brutta storia di tangenti e corruzione, ma ne uscirà totalmente indenne, con una pena patteggiata a un anno e sei mesi, grazie alle rivelazioni fornite ai magistrati sul business che ruotava attorno al fotovoltaico

L’imprenditore rivelò agli investigatori di aver pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell’allora assessore regionale all’Industria. «Quei soldi – disse – servivano per assicurarsi i finanziamenti che ruotavano attorno all’installazione degli impianti e finanziare le campagne elettorali del Psi». Nel 2000 esplode il business delle energie alternative e per Nicastri arriva il salto di qualità. Diventa uno sviluppatore, realizza e vende parchi eolici. Da Trapani a Messina, da Enna a Catania, divenendo di fatto il «re dell’eolico». Nel giro di quattro anni, dal 2002 al 2006 riesce ad ottenere il maggior numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici da rivendere ad aziende leader nel settore, incassando milioni di euro. 

I primi rapporti con Cosa Nostra emergono nel 2007. Il suo nome compare in uno dei pizzini ritrovati nel covo di Giardinello dei boss palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo. «Nicastro di Alcamo – era scritto nel pizzino – continuare con Scinardo. Escludere i fratelli Severino. Ok». Il messinese Mario Giuseppe Scinardo è un altro imprenditore nel settore dell’eolico, anche lui avrebbe intrattenuto rapporti equivoci con esponenti della criminalità organizzata. I fratelli Severino citati nel pizzino sono invece imprenditori della provincia di Catania, che evidentemente i boss dovevano tenere fuori da un affare. Nel 2009, scatta l’operazione Eolo che svela le collusioni mafia-imprenditoria per la realizzazione di alcuni impianti eolici nel territorio di Mazara del Vallo. Nicastri, attraverso un’azienda a lui riconducibile, la Eolica del Vallo s.r.l., aveva rilevato due società in contenzioso tra loro, la Enerpro s.r.l. e la Sud Wind s.r.l., per la realizzazione di un parco eolico nel territorio di Mazara del Vallo. Le indagini svelarono l’esistenza di un vero e proprio accordo tra politici mazaresi ed esponenti della famiglia mafiosa mazarese, intervenuta nell’affare attraverso Giovan Battista Agate e Antonino Cuttone per promuovere intese tra gli imprenditori dell’energia eolica, con l’intento di garantire alle imprese di riferimento di Cosa Nostra l’affidamento dei lavori.

Nicastri è rimasto coinvolto e arrestato sempre in quegli anni anche nell’operazione Via col Vento, condotta dalla Procura di Avellino. I reati contestati erano quelli di truffa consumata e tentata in danno dello Stato, finalizzata al reperimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione di parchi eolici. Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a all’imprenditore alcamese beni per un miliardo e trecento milioni di euro. Nel dicembre del 2016 scatta un altro sequestro nel corso dell’operazione Hermes 2. Dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, cognato di Messina Denaro, emerge un ruolo di primo piano della mafia nel controllo dell’eolico. Secondo Cimarosa, deceduto qualche anno fa, Nicastri sarebbe uno dei finanziatori della latitanza del boss castelvetranese, al quale avrebbe fatto pervenire una borsa di soldi attraverso un altro uomo d’onore Michele Gucciardi.

Ieri l’ultima tegola: Nicastri non sarebbe affatto uscito dalla scena imprenditoriale. Anzi, avrebbe alzato il tiro rimanendo dietro le quinte, ma facendosi socio di Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e consulente della Lega e continuano a oliare a suo modo, cioè a colpi di mazzette secondo la Procura di Palermo, alcuni funzionari del dipartimento Energia della Regione.

Pamela Giacomarro

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