Chi è Massimo Ursino, il “picchiatore picchiato” di FN  «Sono un soldato politico, hanno colpito le nostre idee»

«Eravamo tutti in orario per un appuntamento col destino». Con il senno di adesso suonano beffarde le parole con le quali Massimo Ursino raccontava di sé e della sua attività di tatuatore al sito di storytelling Aqcciacunti. Il responsabile provinciale di Forza Nuova, picchiato ieri sera dopo essere stato bloccato e imbavagliato con del nastro adesivo da un gruppo di sei persone, nell’autonarrazione aveva però taciuto dei propri trascorsi da picchiatore

Il camerata di Fn venne infatti arrestato nel luglio 2006 per aver rapinato e picchiato due immigrati del Bangladesh nel centro di Palermo, di fronte al teatro Massimo. Dopo aver subito la rapina da parte del gruppo fascista, una borsa e articoli di bigiotteria, le due vittime avrebbero inseguito Ursino e due suoi complici (anche loro di Forza nuova) ma questi avrebbero tirato fuori delle spranghe e picchiato a sangue gli immigrati. 

Per quell’episodio Ursino venne condannato in primo grado a due anni e mezzo di carcere. Ma quello con i due venditori ambulanti non è stato l’unico episodio violento e a sfondo razzista a cui Ursino avrebbe partecipato. Nel giugno 2005, sempre con altri due complici, aggredì con pugni e bastonate un nigeriano e un altro giovane originario di Siracusa in via Candelai, sempre nel centro di Palermo. I tre vennero rinviati a giudizio per lesioni aggravate per aver agito in base a motivi razziali.

Dopo un lungo silenzio, intanto, Massimo Ursino esprime la propria versione in un lungo post su Facebook. Affrontando anche i propri precedenti giudiziari. «Sono un soldato politico – scrive sulla propria bacheca – cardine della mia lotta quotidiana è l’impersonalità; ieri sera colpendo me hanno colpito l’idea alla quale appartengo e di cui Forza Nuova si fa strumento. E mentre dai templi dell’odio si gridano anatemi da caccia alle streghe, dai minareti gli altoparlanti dell’informazione parlano della mia fedina penale forse per legittimare la ferocia del gesto infame. Precedenti di oltre dieci anni fa in cui la protezione di un militante contro l’attacco di un gruppo di extracomunitari mi valse una pesante pena detentiva dopo un processo che non riuscì a pervenire alla verità oggettiva dei fatti». 

Andrea Turco

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