Cep, distrutta di nuovo la targa in onore di Impastato Nel giorno della risoluzione della vicenda del casolare

È successo di nuovo. La targa in memoria di Peppino Impastato installata all’interno del giardino pubblico al Cep è stata di nuovo vandalizzata. Oggi è stata infatti ritrovata a terra e bruciata tra le vie Paladini e Calandrucci. L’area verde, lasciata in stato di abbandono per moltissimi anni, era stata riqualificata e restituita al quartiere da poco, grazie soprattutto all’impegno della sesta circoscrizione e della vicina scuola Saladino, che ha adottato il giardino. Al suo interno, però, la targa in onore del militante ucciso dalla mafia nell’78 non aveva avuto vita facile sin da subito. A giugno, nemmeno 24 ore dopo la sua installazione, era stata infatti ritrovata distrutta. 

Installata nuova di zecca in occasione di una grande manifestazione, fortemente voluta soprattutto dai residenti del quartiere San Giovanni Apostolo, viene adesso distrutta di nuovo. E a fare impressione è il tempismo di questo gesto. Proprio oggi, infatti, si è conclusa positivamente l’annosa vicenda del casolare dove Impastato fu ucciso 41 anni fa. Un incontro tra Regione, Comune di Cinisi, Città Metropolitana, Centro Impastato e Casa Memoria ha permesso di giungere a un accordo: quello di sommare i due finanziamenti in contrasto, raggiungendo una cifra totale di 596mila euro, utili per l’esproprio, la riqualificazione del casolare e la realizzazione della tensostruttura. 

«A mio giudizio non è affatto un caso – dice subito Michele Maraventano, presidente della sesta circoscrizione -. È un problema culturale che alligna in questo quartiere e che, malgrado gli interventi della scuola Saladino, dell’associazione San Giovanni Apostolo e della circoscrizione, non riusciamo a farlo venire fuori». Ma le colpe a suo dire, sarebbero da ripartire. Facile puntare il dito contro chi si rende direttamente responsabile di un simile gesto. Maraventano tira in ballo anche «quei politici che vivono in quei posti ma che per non disturbare il conducente, come si suol dire, fanno finta di niente e mettono la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Ma se io abito in un quartiere lo so chi sono i delinquenti e i malavitosi, ci si conosce un po’ tutti e ognuno sa quello che fa quell’altro». 

Si fosse trattato di un caso isolato, lo stesso Maraventano l’avrebbe bollato come una ragazzata. Seppure riduttivo come termine per un gesto che rimane comunque grave. Ma il discorso, invece, torna a ripetersi di continuo. «Avevamo messo su la villetta in memoria di Impastato con giochi per bambini e attrezzature per gli anziani, ma è stato devastato tutto – racconta -. Prima di questa targa c’era stato un cippo, che poi è completamente scomparso. E poi la targa, appunto, distrutta per due volte. Che razza di gentaglia domina nel quartiere? Sembrano accaniti nel voler fare vincere il loro messaggio, pur essendo la minoranza. Ma noi non ci arrendiamo». E di nuovo punta il dito contro chi rimane in silenzio, complice dei delinquenti che commettono atti simili.

«Non mi interessano i proclami e i post sui social, ho scritto privatamente al vice sindaco Giambrone chiedendogli di incontrarci al più presto con le forze dell’ordine – rivela Maraventano -, perché qui manca lo Stato. Se ce ne fosse la presenza, magari determinate cose non accadrebbero. Dove sono carabinieri e polizia? I rifiuti ingombranti depositati a ogni angolo di strada non sono una denuncia proprio di questo?». La municipale sarebbe, a suo dire, indietro di circa 1.200 unità nel suo organico e non si potrebbe bandire un concorso per via della spending review, stessa cosa per gli spazzini. Tutto questo c’entra, eccome, per il presidente. «In circoscrizione dovrei avere sei pattuglie di vigili urbani, ma ne ho una, se si rompe non c’è nemmeno più quella – continua -. L’organico ci vuole, è tutta una ruota consequenziale. Serve un incontro urgente: amministrazione, forze dell’ordine, associazioni, tutti quelli che operano nel quartiere per trovare una soluzione che eviti una volta e per tutto il perpetrarsi di questi atti vandalici».

Silvia Buffa

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