Centro, baby gang di 60 ragazzi contro dieci Un 17enne: «Ci picchiano e nessuno interviene»

«Passeggiavamo tranquilli per i fatti nostri, quando quasi sessanta ragazzi ci hanno avvicinati con lo scopo di aizzare una rissa, senza alcun motivo». Così Emanuele, 17 anni, studente del liceo scientifico Boggio Lera di Catania racconta a MeridioNews l’episodio di violenza scatenato da una «baby gang, lucida e organizzata». Uno dei tanti denunciati in queste settimane da giovani e non solo e che si verificano con drammatica puntualità durante le serate nel centro storico etneo.

Sono le 23 circa di sabato sera quando Emanuele e la sua comitiva di amici – poco più di una decina di ragazzi minorenni – si trovano a percorrere via della Loggetta. La strada è breve, quelli che la conoscono sanno che è per lo più sempre al buio e fiancheggia un’agenzia delle Poste Italiane. I ragazzi sono diretti nel cuore della movida etnea. «A un certo punto ci affianca un gruppo di coetanei che prende di mira uno di noi per questioni estetiche», racconta Emanuele. Che aggiunge: «L’oggetto della loro attenzione, infatti, è un mio amico con una folta capigliatura, una di quelle a cespuglio che ricordano un noto cantautore italiano». Il passo che porta dallo sfottò «’mbare pari Caparezza» all’attacco fisico è breve. Il ragazzo prima viene strattonato e poi si guadagna qualche schiaffo e qualche pugno, senza troppi complimenti e senza sapere ancora perché.

Si tratta di bande organizzate, lucide, dalle periferie della città e con base in via Pulvirenti

Sono attimi concitati. Emanuele e gli altri amici della sua comitiva cercano di non cedere alla provocazione fisica e riescono a portare via l’amico. Con loro alcune ragazze che rischiano di prendere qualche schiaffo pure loro. Ma quello che più sconvolge Emanuele è il modo con cui si svolge l’episodio. «Questa gente alza le mani anche se dall’altra parte non vede la volontà di reagire», spiega il ragazzo. «Si comportano come se provocare una rissa fosse lo scopo della loro serata, il loro modo di divertirsi, ed è agghiacciante», continua. Lo studente non cede alle giustificazioni che spesso si attribuiscono a questi episodi – dall’alcol alla droga – e non sigilla il brutto incontro con il termine bullismo. «Si tratta di bande organizzate, lucide, che provengono dalle periferie della città e hanno la loro base in via Pulvirenti, di fronte a un noto american bar», analizza Emanuele. Che, oltre al danno, insieme agli altri ha sperimentato anche la beffa.

«Per intimorirli – racconta – abbiamo chiamato le forze dell’ordine, prima la polizia e poi i carabinieri». La minaccia serve a far allontanare la baby gang, ma purtroppo le forze dell’ordine non alzano prontamente la cornetta. «Quando riusciamo a contattarli, dalla polizia ci dicono che non c’è disponibilità di volanti e i carabinieri arrivano dopo un paio d’ore, per poi dirci che non possono fare niente perché sono minorenni», spiega amareggiato. E non solo. Perché l’episodio di violenza gratuita non tarda a ripetersi, poco dopo, a danno di altri ragazzi di sua conoscenza, sempre secondo le stesse modalità. «Ti affiancano, ti insultano e, se non rispondi, ti mettono le mani addosso tutti insieme», ribadisce Emanuele. Lui e i suoi amici hanno smesso di andare nel centro storico di Catania per le uscite serali del fine settimana. Un atto di boicottaggio che, senza un aumento del controllo, non può impedire altre vittime. «Gli eventi dimostrano che questa gente può comportarsi così quando vuole», conclude Emanuele. 

Cassandra Di Giacomo

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