«Volevamo farle qualche domanda sul Centro culturale Alberto Sordi». «Cosa? Quale centro? Ma dov’è?». «In via Playa, l’ex cinema». «Ah, l’ex Concordia». Il nome affibbiato alla struttura comunale, inaugurata nel 2001, dall’allora sindaco Umberto Scapagnini proprio non entra in testa a nessuno. Nemmeno al direttore del Decentramento del Comune di Catania, Pietro Belfiore, che ne ha la gestione. Per tutti, compresi i funzionari comunali che ci lavorano e gli abitanti del quartiere del centro storico in cui sorge, è il Concordia, dal nome del cinema dove, dal 1949 al 1979, i catanesi andavano a vedere i colossal come Ben Hur. Non li ha convinti la motivazione della scelta fatta nel 2003, data dall’allora assessore Filippo Grasso e dal primo cittadino, secondo cui Sordi è stato scelto – al posto di Turi Ferro ed altri nomi proposti – «perché l’Albertone nazionale rispecchia l’anima popolare degli italiani».
A prescindere dal nome, però, non tutti i catanesi sanno dell’esistenza del centro culturale e delle sue enormi potenzialità per la città e per il popolare quartiere del centro storico, che presenta un alto tasso di abbandono scolastico e di criminalità. All’interno della grande struttura (il cinema ospitava 766 posti), completamente ristrutturata, è stata allestita nel 2008 una biblioteca (battezzata con il nome originario) che oggi conta quasi cinquemila libri. Il resto dello spazio ospita uffici, una grande sala che viene usata per mostre, conferenze e presentazione di libri, e altre stanze più piccole ad essa adiacenti che in questi anni hanno ospitato corsi di pittura e di chitarra, fino a quello attuale dedicato all’uncinetto creativo.
Nella sala sono rimaste le foto e i cartelli della mostra su tutte le attività svolte, organizzata l’anno scorso in occasione del decimo anniversario del centro. «Alcuni eventi sono stati molto partecipati dagli abitanti del quartiere come la mostra Donne in Concordia sulle donne del quartiere, quella sul Calcio Catania, organizzata dopo poco l’acquisto della società da parte di Antonino Pulvirenti, e soprattutto quella sulla Playa», ci racconta mentre ci mostra le foto Silvana Cosentino, responsabile della struttura, autorizzata da Belfiore a guidarci nella visita e a rispondere alle nostre domande.
A lavorare nel centro sono lei e un addetto che si occupa degli aspetti tecnici. Due sole risorse per una struttura che ne potrebbe impiegare molte di più. E in quel caso gli eventi in dieci anni sarebbe stato anche difficili contarli. Ma la direttrice non parla affatto delle criticità. Per lei il bicchiere è mezzo pieno e quello per cui lavora è «far venire la città per tagliare il cordone del pregiudizi», dice. «Piano piano è stato un crescendo – afferma, riferendosi al numero di utenti, che non riesce a quantificare – All’inizio tutti ci chiedono se si paga, ma poi superano la diffidenza». Neanche il tempo di dircelo e una bambina accompagnata dalla mamma bussa alla porta e prima di entrare fa la domanda di rito. «Vedete? Ci sono dei bambini che vengono per la biblioteca», dice la direttrice. Quelli che non si vedono spesso sono «i giovani dai 15 ai 18 anni», rivela. «Sono venute delle ragazzine nel periodo in cui i locali erano utilizzati da un’associazione per lezioni di ballo – racconta – ma poi più nulla. Forse è timidezza, o forse ci vorrebbero altre idee».
Durante il nostro tour, ci accorgiamo che, tranne che nella parte degli uffici, dove sono presenti dei condizionatori, nel resto delle sale fa freddo. Eppure l‘impianto di riscaldamento a metano è presente e cattura subito l’attenzione data la particolarità della struttura in metallo e a vista che si sposa con il legno del bellissimo soffitto. Ma metterlo in funzione è impossibile perché non c’è l’allaccio alla rete di distribuzione. Gli abitanti, infatti, confermano che nella strada mancano le condutture che portano alla rete del gas e il Comune in questi undici anni non ha fatto effettuare al proprietario della rete – la partecipata Asec – i lavori di allacciamento.
Ma non è questo lo spreco più grande. Lo supera quello di non sfruttare pienamente una struttura così bella e in una zona che avrebbe tanto bisogno di attività culturali. E poi c’è la triste consapevolezza che quel bicchiere a Catania, dove c’è un centro come il Midulla – struttura gemella dell’ex Concordia – chiuso da più di un anno, è davvero da considerare mezzo pieno. Perché, nonostante tutto, il Centro culturale e ambientale Alberto Sordi esiste, è aperto, qualcuno ci va e può goderne.
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