Cefalù, dopo il reparto nascite a rischio la rete per l’infarto «Così dieci morti in più all’anno». Ma la Regione smentisce

«Non corrisponde al vero che l’ospedale Giglio di Cefalù sia stato escluso dalla rete dell’infarto. E neppure corrisponde al vero che la decisione, già adottata in sede tecnica dalla Direzione Pianificazione Strategica, di prevedere un centro spoke possa produrre danni ai cittadini». La nota dell’assessorato regionale alla Salute arriva ieri sera, dopo una nuova giornata di apprensione per la popolazione di Cefalù. Che, dopo il reparto nascite (ancora a rischio chiusura, nonostante la mobilitazione dei sindaci e le promesse dell’assessore Razza di una nuova richiesta di deroga al Ministero della Salute), sembrava dovesse uscire dalla rete regionale per l’infarto.

A lanciare l’allarme questa volta era stato il primario di cardiologia dell’ospedale Giglio, il dottor Tommaso Cipolla. Attraverso una nota al direttore generale dell’omonima Fondazione che governa la struttura ospedaliera pubblico/privata, Cipolla fa presente che la cancellazione dalla rete per l’infarto si pone in «stridente e incomprensibile contrasto» con il ruolo di centro hub svolto dall’ospedale dal 2004, prima cioè della stessa istituzione della rete. La nuova decisione, aggiunge Cipolla, «è più grave della chiusura del centro nascite». Nel caso del trattamento precoce dell’infarto non esisterebbero alternative tra Messina e Palermo (con l’eccezione di Patti, che però funziona al 50 per cento). Secondo il cardiologo l’abolizione del centro hub di Cefalù, riconosciuto come centro di eccellenza, comporterebbe «non meno di dieci morti in più in un anno».

Un allarme subito rilanciato dal sindaco Rosario Lapunzina. E sul quale però è intervenuta immediatamente la Regione, che intanto continua a mantenere aperto il dialogo sul fronte del reparto nascite.  «Va ricordato che le reti ictus, infarto e politrauma – affermano dall’assessorato alla Salute – sono in fase di revisione e che il documento cui si fa riferimento nella dichiarazione rilasciata dal primario dell’ospedale Giglio è quello redatto a corredo della rete vigente (D.A. 629/17). Proprio perché in fase di revisione, la previsione delle nuove reti tempo dipendenti, per le quali è stata chiesta la designazione dei nuovi tavoli tecnici già la scorsa settimana, potrà essere il luogo in cui valutare la bontà delle scelte che erano state fatte nel passato e che ad oggi non sono ancora operative».

A Cefalù in ogni caso resta la tensione. L’ipotesi di chiusura del punto nascite del Giglio resta tutt’ora la più plausibile. E torna la paura, dopo la battaglia del 2015 quando solo dopo una mobilitazione durata mesi si riuscì a ottenere l’agognata deroga, da parte del Ministero della Salute, sul decreto Balduzzi che fissava la chiusura per quelle strutture ospedaliere che non raggiungono la soglia dei 500 parti all’anno (nel 2017 il Giglio ha avuto 416 parti). Per questo motivo è stata lanciata una raccolta firme sulla piattaforma online change.org che in pochi giorni ha ottenuto più di 11mila adesioni. «Stanchi della continue e ripetute notizie circa la chiusura del punto nascite di Cefalù – si legge nel testo della petizione – medici, ostetriche, infermieri, amministratori locali, cittadini e cittadine, mamme e papà chiedono una volta per tutte di non continuare a giocare con la salute delle persone e di seminare incertezza con lo spauracchio della chiusura, ma di avviare invece una attività di potenziamento di un polo così importante per tutto il territorio delle Madonie e di parte dei Nebrodi».

Inoltre «non può essere certo un numero a decidere la chiusura di un centro come quello di Cefalù: le mamme, i papà e i bambini che a Cefalù nascono non sono numeri, non lo sono per il personale, non lo sono per il territorio, non possono esserlo per la politica. Per questo chiediamo alla ministra Giulia Grillo di ritornare sui suoi passi e confermare definitivamente la deroga per il punto nascita di Cefalù, anche al fine di restituire serenità alle famiglie e avviare un percorso di potenziamento del polo di Cefalù».

Andrea Turco

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