Grazie a
«rinvenimenti miracolosi», avrebbero chiesto somme dai 150 ai 1200 euro alle vittime di furti di auto. Una tecnica ormai nota, quella del cosiddetto cavallo di ritorno, che avrebbe permesso a una banda di guadagnare 500mila euro all’anno. I carabinieri hanno eseguito l’arresto di 19 persone nel quartiere Balatelle, zona San Giovanni Galermo. Le accuse sono di furto e ricettazione e,corso delle perquisizioni, sono state trovate anche armi e droga. Sono 37 i casi finora accertati. Dalle indagini è emerso che solo nel territorio del Comune di Gravina di Catania – il cuore dei furti – nel 2013 i ritrovamenti considerati anomali di auto sono stati 1200, per un business da 600mila euro l’anno. A San Giovanni Galermo i carabinieri hanno scoperto trenta garage dove l’organizzazione occultava le vetture. I furti sarebbero avvenuti a Gravina, quartiere Fasano e San Paolo, e nei Comuni dell’hinterland: Mascalucia, San Pietro Clarenza, Tremestieri (frazione Canalicchio), Misterbianco (frazione Belsito).
Secondo i militari, la banda avrebbe agito con uno schema organizzato. I ladri facevano degli studi sulle vittime da colpire: solo quelli che non potevano fare a meno dell’utilizzo della macchina. In seguito, imponevano un pagamento che dipendeva dal valore del mezzo rubato in questione. Oltre ai 19 componenti del gruppo, altre 26 persone sono indagate in stato di libertà. Tra loro anche alcuni soggetti legati a organizzazioni mafiose etnee. Inoltre, nove delle vittime dei furti sono accusati di favoreggiamento personale per aver negato di aver subito l’estorsione. Alla base dell’indagine ci sono proprio le mancate denunce dei titolari delle auto.
La banda avrebbe fatto della conformazione dei palazzoni della zona un punto di forza. Un unico accesso, facilmente controllabile, e degli ampi portici diventati il punto di incontro tra le vittime e gli intermediari. Uno in particolare, che aveva base in una panetteria allestita in uno degli edifici. Tutto era calcolato: dagli accordi presi con il collegamento con i presunti ladri al posizionamento delle vetture dopo il pagamento dell’estorsione. Le auto, infatti, venivano riportate nei dintorni del luogo del furto, così da far apparire alle forze dell’ordine più credibile l’ipotesi di una sottrazione estemporanea. Nei casi in cui l’estorsione non andava a buon fine, i mezzi sarebbero stati rivenduti, garantendo un guadagno dal commercio di pezzi di ricambio. Anche in queste occasioni era tutto ben organizzato, grazie alla complicità di un elettrauto che avrebbe tolto traccia di antifurto satellitari.
«Quando ti rubano la macchina, bisogna denunciare e non andare al chiosco o nei quartieri a cercarla», dice Alessandro Casarsa, comandante dei Carabinieri di Catania. «Perseguiremo le persone che hanno raccontato la favola del ritrovamento negando le estorsioni – conclude – Tutti parlano di legalità, ma pochi la praticano».
In manette sono finiti in 19, molti dei quali già in carcere per altri reati:
Salvatore D’Angelo (detto Schumacher, già detenuto a piazza Lanza), Rosario Fallo (detto Paperino, già rinchiuso a piazza Lanza), Vittorio Benito Fiorenza (U pisci, detenuto nel carcere Pagliarelli di Palermo), David Giarrusso (detto Alla Alla, si trova nel penitenziario ennese di Piazza Armerina), Salvatore Gurrieri (U Puffu, in carcere a San Gimignano), Raffaele Gianluca Magliuolo (Machinedda, rinchiuso a piazza Lanza), Michael Giuseppe Magliuolo (detenuto a piazza Lanza), Antonio Marino (U babbaleccu, è ai domiciliari), Dario Masotta (Faccia di plastica, rinchiuso nel carcere di piazza Lanza), Giuseppe Monaco (ai domiciliari), Danilo Musumeci (alias Mozzarella, già a piazza Lanza), Sebastiano Nello Naceto (si trova nel carcere di Gela), Massimiliano Nicotra (detenuto a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta), Filippo Ivan Raineri (ai domiciliari), Angelo Jonathan Recca (Cicciobello, si trova già a piazza Lanza) e Salvatore Siringo, Alfio Spina e Orazio Tenente, tutti ai domiciliari.
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