Cavagrande, aggiudicato progetto per la messa in sicurezza «Faremo in modo che l’impatto estetico non sia eccessivo»

Si fanno più concrete le speranze di liberare dal vincolo di inaccessibilità il canyon più profondo d’Europa. L’ufficio contro il dissesto idrogeologico della Regione siciliana ha aggiudicato i lavori di indagine e di progettazione esecutiva per la messa in sicurezza dei sentieri di accesso e per la fruibilità della riserva naturale orientata di Cavangrande del Cassibile, in provincia di Siracusa. «Entro la fine dell’anno potrebbero già andare in gara i lavori di intervento veri e propri». A mettere il nodo al fazzoletto con MeridioNews è il commissario al dissesto idrogeologico Maurizio Croce

Il progetto esecutivo sarà redatto da un raggruppamento temporaneo di professionisti che se lo è aggiudicato per un importo di 47mila euro (con un ribasso del 38,8 per cento). «È il passaggio fondamentale per capire quale sia il tipo di intervento più corretto per il costone roccioso – spiega al nostro giornale il commissario al dissesto idrogeologico – dal quale c’è il rischio che si stacchino dei massi». L’area di 2.760 ettari che ricade tra i territori di Avola, Noto e Siracusa, per oltre dieci chilometri è attraversata dal fiume Cassibile che ha scavato nelle rocce il canyon con pareti a strapiombo sui laghetti a valle del corso d’acqua. 

Chiusa dopo un incendio devastante, divampato il 25 giugno del 2014 che distrusse migliaia di ettari di flora, la riserva al momento è accessibile (solo per una parte limitata) soltanto dall’ingresso del sentiero di Carrubella. Interdetti, invece, gli accessi dei percorsi di Scala CruciMastra Ronna. Una chiusura solo formale però. In questi anni, nonostante un’ordinanza che vieta l’accesso al canyon, i visitatori non sono mai mancati specie durante i mesi estivi. Per anni, nessuna opera di messa in sicurezza era stata progettata e mancava anche una data per la riapertura. Nel 2017 il Comune di Avola aveva fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale che, però, lo aveva rigettato.

Negli ultimi anni, qualcosa si è mosso: gli enti si sono seduti attorno a un tavolo, poi è stato presentato anche lo studio di fattibilità e anche i fondi per la realizzazione delle opere sono arrivati. Adesso il progetto esecutivo è stato aggiudicato. «L’obiettivo è, tramite delle indagini geotecniche specifiche affidate a esperti – dice Croce – individuare l’intervento più adatto per risolvere le criticità irrisolte che riguardano il sito». Dai sopralluoghi effettuati si parla di «frane nel pendio di centinaia di metri in corrispondenza dei laghetti» e del «rotolamento dei massi che si trovano in corrispondenza dell’altro versante del sentiero principale». A indicare la via delle misure da intraprendere saranno il costone, le rocce e i massi. Del resto, un’indagine approfondita delle pareti del canyon non è stata mai fatta: da ispezionare ci sono oltre 12 chilometri di cava.  

Lo studio di fattibilità, presentato dal Genio civile aretuseo sul tavolo del commissario al dissesto idrogeologico a giugno del 2018, prevedeva il posizionamento di barriere in sovrapposizione per consentire la naturale movimentazione della fauna e l’eventuale attraversamento per la manutenzione e per la protezione dagli incendi. Sulle pareti più a rischio, invece, dovrebbero ancorate fasciature realizzate con chiodi di roccia e reti metalliche. In alcuni tratti del sentiero, per ulteriore sicurezza, si era pensato di realizzare delle palizzate in legno per contenere l’eventuale distacco di detriti e il rotolamento di piccoli massi. Il rischio è che questi interventi lascino tracce pesanti in un luogo in cui la natura regna incontaminata. «Cercheremo di fare del nostro meglio ma, dal punto di vista estetico – dice Croce – è ovvio che ci sarà un peggioramento. Ci impegneremo però per fare in modo – aggiunge – che non sia di forte impatto».

Marta Silvestre

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