Cateno De Luca, un comizio a sera e l’offerta al M5s «Governiamo insieme», ma i pentastellati dicono no

Anche ieri sera ha raccolto attorno a sé un gran numero di messinesi. Dopo piazza Duomo e piazza Cairoli, Cateno De Luca ha scelto piazza del Popolo per spiegare le ragioni del no ad alcun apparentamento in vista del ballottaggio. Una scelta difficile perché nessuna delle sei liste del candidato sindaco ha superato la soglia di sbarramento domenica scorsa. E in caso di vittoria contro l’altro candidato al ballottaggio Dino Bramanti, si ritroverebbe senza consiglieri. Ma in suo soccorso sarebbe potuta venire, nel caso De Luca avesse scelto di apparentarsi con altri candidati sconfitti, la legge regionale che dà al vincitore del ballottaggio il premio di maggioranza. Tradotto in numeri si parla di ben 19 posti in consiglio comunale. Ma il deputato regionale ha scelto altro. 

Martedì sera, durante un comizio durato oltre tre ore e seguito da più di duemila persone, sui social e nella diretta di tv locali, ha lanciato appelli agli esclusi. Da Emilia Barrile a Giuseppe Trischitta e pure a Renato Accorinti. Ha poi ipotizzato un patto per la città, più o meno come il contratto siglato a Roma dal Movimento 5 cinque stelle e dalla Lega. Il piatto è ghiotto, perché se una lista che ha superato il cinque per cento si apparentasse con De Luca, e quest’ultimo vincesse, prenderebbe 19 consiglieri e avendo la maggioranza in consiglio potrebbe pure ottenere il ruolo di presidente del consiglio. 

Lunedì sera aveva promesso che sarebbe stata la piazza a scegliere con chi questo matrimonio doveva farsi. De Luca ha spiegato quali potrebbero essere tutti i possibili scenari che modificherebbero la geografia del consiglio comunale. Cominciando dalla prima: De Luca diventa sindaco senza apparentamento, senza liste. In questo caso sette seggi vanno al M5s, 12 al centrodestra e 12 al centrosinistra. Con una vittoria di Dino Bramanti, il M5S perderebbe due scranni, il centrodestra sale a 19 e il centrosinistra ne perde cinque. Ed ecco i possibili apparentamenti. Il M5s accetta di sostenere De Luca e da 7 seggi arriva a 19, il centrodestra da 12 scende a 5 e il centrosinistra da 12 arriverebbe a 7. Ultimo e quarto scenario prevede l’apparentamento tecnico con una lista di Centrosinistra, si vocifera possa essere quella del Pdr di Giuseppe Picciolo. In questo caso il M5S scenderebbe a 3, il centrodestra a 5, il centrosinistra, o meglio la lista apparentata ne avrebbe 19, oltre ad altri quattro già ottenuti dall’esito del voto del 10 giugno scorso. Il posto rimanente in tutte le ipotesi prospettate è del sindaco uscito sconfitto dal ballottaggio. 

La piazza martedì ha scelto il matrimonio con i 5 Stelle, ma da Roma il parlamentare Francesco D’Uva ha fatto sapere che non ci sarà alcun apparentamento e Gaetano Sciacca, candidato a sindaco sconfitto, ha comunicato che farà il consigliere comunale rispettando il volere degli elettori. Scartata questa possibilità, De Luca ieri ha chiesto di nuovo alla piazza cosa fare. «Dobbiamo decidere assieme». E visto i malumori che un possibile accordo con il centrosinistra ha scatenato, la decisione è stata presa. «Correrò da solo, senza liste di appoggio, ma sostenuto da tutti voi». Ha poi invitato sia M5s che elettori del centrosinistra a valutare il da farsi, ricordando in caso di sua vittoria come saranno distribuiti i posti in consiglio.

Rompe invece il silenzio assordante di questi giorni Bramanti. E in un lungo comunicato stampa spiega che continuerà per la sua strada, con il suo modo d‘essere. «Preferisco la serietà agli show», scrive. «L’alleanza che voglio costruire, in un momento cruciale per il futuro dei prossimi decenni, è con la città, con quei messinesi di buona volontà che stanno soffrendo per la mancanza di lavoro, per i figli costretti ad andar via, per gli stipendi precari, per le condizioni della città. Al mio fianco finora ci sono stati i partiti ed i movimenti civici, ma soprattutto ci sono stati i messinesi innamorati della nostra città». Non intende cambiare i toni della sua campagna elettorale. «Messina non può essere trasformata in un palcoscenico per spettacolini ridicoli».

Simona Arena

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