Cronaca

Catania-Palermo, cinque ore e tre cambi di treno La Sicilia dei futuri investimenti viaggia sul monobinario

Cinque ore e dodici minuti, meno di dieci passeggeri per più di metà del viaggio, tre cambi e due vetture diverse. È il report di un viaggio in treno Catania-Palermo sulla linea interna, quella che passa per le province di Enna e Caltanissetta. Una delle tratte più importanti per l’intera Isola, che corre su un solo binario, per di più non elettrificato. Perché in Sicilia, dei 1378 chilometri di linee ferrate complessive, solo 178 sono doppie. Forse anche per questo il viaggio in treno tra le due città principali della Sicilia incontra il naturale scetticismo degli isolani e li fa dubitare della certezza della meta. Tanto che perfino il dipendente di Trenitalia alla stazione di Catania avvisa: «Ma quello non va a Palermo», stranito dalla richiesta di un biglietto che in pochissimi cercano. 

In realtà, anche sul sito, un Catania-Palermo che parte alle 9.33 c’è, unico orario della mattinata. Ma non è diretto. Occorre scendere a Caltanissetta-Xirbi, aspettare la coincidenza, salire sulla stessa vettura da cui si è scesi in attesa che cambiasse binario, ri-scendere a Roccapalumba, ri-aspettare e salutare con gioia l’arrivo del Minuetto, un’astronave al confronto con i treni precedenti, che da quel momento porterà i passeggeri a Palermo in soli 55 minuti. In alternativa, se non si vuole prendere la tratta litoranea e passare per Messina – il treno impiega cinque ore e 40 minuti, contro le quattro e 43 stimate della soluzione con cambio a Xirbi –, c’è un regionale veloce nel pomeriggio: si parte alle 15.21 da Catania e, quando si arriva nel capoluogo, alle 18.40, si è in largo anticipo per eventuali impegni lavorativi del giorno dopo. Il risparmio di tempo, però, è evidente: ci vogliono solo tre ore e 19 minuti per essere a Palermo. Come con il pullman. E, del resto, che «c’è sempre il pullman» lo ricordano, da dietro al vetro, tutti i dipendenti delle biglietterie, tanto quelli etnei quanto quelli panormiti. 

Al binario due della stazione catanese di piazza Giovanni XXIII, alle 9.30 il capotreno accoglie i volti nuovi con un «Come mai?». Lui a quel treno del 1981 c’è affezionato. È una vecchia littorina che va a gasolio su un binario elettrificato. «Non si sente il rumore della marmitta?», sorride. Dei 68 posti a disposizione, solo due sono occupati, e arrivati alla fermata di Dittainoa nemmeno mezz’ora dalla partenza – il passeggero rimasto è uno solo. Quello appena sceso «lavora qui ed evidentemente ha orari compatibili – afferma il capotreno – È un abbonato, ormai li conosco tutti». Sul Catania-Palermo non è difficile salutarsi cordialmente, perché i passeggeri «sono sempre pochissimi», sempre gli stessi. E pendolari non ce n’è, per via dell’orario di partenza – le 9.33 – che serve giusto a mantenere il servizio ma non a incentivare i lavoratori. «Per 120 chilometri sono 120 euro di carburante, senza accise. Il trasporto regionale è tutto in perdita, sempre», spiega il dipendente. «Un biglietto costa 15 euro. Con un vagone così deserto non si recupera nulla», conclude. 

Passati i fichi d’india e gli ulivi, passate Enna e Villarosa, a Xirbi si scende: sottopassaggio transennato, strisce pedonali in mezzo ai binari e una scritta con il divieto di attraversarli. La stazione è deserta. «E che vuole? È una stazione di transito», afferma un ferroviere. Dopo circa mezz’ora d’attesa, passa il treno per Roccapalumba. È lo stesso della tratta Catania-Caltanissetta Xirbi: è arrivato fino a Caltanissetta centrale, ha fatto il giro su un solo binario, e ha invertito la rotta per dirigersi alla stazione da cui poi passerà il convoglio per Palermo. Adesso, però, dopo la fermata nel Comune nisseno, è cambiato il personale e sono saliti i primi viaggiatori. Ci sono tre donne di mezza età e una studentessa. «Ormai non esistono più nemmeno le biglietterie, è finito tutto», lamenta una donna, confortata dalle amiche. Il loro viaggio durerà 65 minuti per percorrere meno di 80 chilometri. Loro scenderanno a Roccapalumba, nel Palermitano. La giovane studentessa, invece, dovrà arrivare fino al capoluogo regionale: ci metterà due ore e mezza e cambierà treno, per percorrere, in totale, 120 chilometri.  

La stazione di Roccapalumba è più piccola di quella di Caltanissetta Xirbi. Per andare da un binario all’altro bisogna ancora una volta passare sopra alla linea ferrata. C’è un palazzone del Dopolavoro ferroviario con gli ingressi murati e pure la biglietteria è chiusa. C’è un annuncio attaccato sopra, è datato 2007: «La biglietteria rimarrà chiusa fino a nuovo avviso», recita. Ci sono poi le macchinette automatiche per fare i biglietti, ma una schermata indica un eterno caricamento. «Forse sono guaste», dicono i macchinisti di un treno fermo, in attesa di ripartire. «Quand’è così il biglietto si fa in vettura, non c’è neanche il sovrapprezzo», spiegano. Il Minuetto arriva da Agrigento, elettrificato, silenzioso, proietta verso l’avvenire. È pieno. Ci sono pendolari, studenti, trolley, prese elettriche, computer portatili. «È un paradiso», dice qualcuno. «Se lo vuole chiamare paradiso…», risponde un avvocato girgentino, diretto nel Palermitano per lavoro. 

L’ultima volta che il mare aveva affiancato i binari era stato a Catania, all’inizio del viaggio, alle 9.33. Sono passate quattro ore e mezza, sono quasi le 14 quando appare il Tirreno, prima della fermata a Termini Imerese. Ormai manca poco. Sono le 14.30 quando l’annuncio, in inglese, dice: «We are arriving in Palermo Centrale, final destination of this journey. The train is 12 minutes late». Siamo in arrivo a Palermo Centrale, termine corsa del treno. Il treno è in ritardo di 12 minuti. Chi è partito da Catania è in lieve ritardo. Sono passate cinque ore. I chilometri tra le due stazioni sono 210.

Luisa Santangelo and Barbara Distefano

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