Catania 2020, progetto condiviso con Noto e Siracusa «Un’opportunità che nasconde un atto di debolezza»

Un progetto ambizioso che rischia di ridimensionarsi, almeno per quanto riguarda la posizione di prestigio a cui ambiva Catania. Il capoluogo etneo continuerà a correre per fregiarsi del titolo di Capitale italiana della cultura 2020, ma lo farà in squadra, insieme ai Comuni di Siracusa, Noto e con il coinvolgimento di Modica. Destinata a primeggiare come ente capofila per la presentazione di una proposta progettuale unica da depositare entro il 15 settembre sarà la capitale del barocco siciliano. L’obiettivo è provare a ottenere dal ministero della Cultura e del turismo una sorta di designazione multipla che fa rima con un finanziamento da un milione di euro. Replicando quanto già successo nel 2015, anno in cui il ministro Dario Franceschini sponsorizzò l’assegnazione in condivisione a Siena, Lecce, Cagliari, Ravenna e Perugia-Assisi, dopo la vittoria di Matera a città europea della cultura 2019. Il nuovo schema in versione siciliana, che arriva dopo l’ufficializzazione delle singole candidature di 46 città in tutta la Penisola, è stato discusso nei giorni scorsi durante un vertice tenuto nella sala degli specchi del Comune di Noto.

«Abbiamo verificato la possibilità di fare un percorso insieme al di là delle singole posizioni», commenta a MeridioNews l’assessore di Noto Franky Terranova. I nuovi dettami della candidatura prendono spunto dal distretto del Sud-Est, istituto nel 2014 da alcuni Comuni della provincia di Catania, Siracusa e Ragusa. A presiedere oggi l’organizzazione è il sindaco di Noto Corrado Bonfanti. La decisione di palazzo degli Elefanti, sede del municipio del capoluogo etneo, di abbandonare il ruolo da solista in favore di un progetto condiviso tuttavia non viene analizzata in modo positivo da tutte le parti in causa. Senza giri di parole la faccenda viene bollata come un «approccio mediocre e imbarazzante» dall’imprenditore Andrea Urzì, vertice di Facciamo centro e tra i precursori principali, con tanto di petizione, della candidatura di Catania a capitale italiana della cultura 2020. «Tutto è iniziato a maggio 2016 con un nostro evento. Adesso si passa a una visione d’insieme che in apparenza è anche positiva. A essere sbagliato è il metodo con il quale si è arrivati a questo». Dopo la firma della candidatura di Catania, secondo il racconto dell’imprenditore, la giunta guidata da Enzo Bianco avrebbe «tirato i remi in barca» e adesso «si raccoglie questo salvagente gettato in mare da Noto, che di fatto annulla del tutto la visione europea a cui ambisce Catania». Un «atto di debolezza», secondo Urzì, che pone Catania nel ruolo di co-protagonista, e non per scelta. 

Ma da chi nasce l’idea di dare alla capitale del barocco in provincia di Siracusa un ruolo di primo piano? L’assessore Terranova rimane abbottonato spiegando che «nasce da molteplici protagonisti, ma è chiaro che qualcuno ha fatto tutto per primo». Questo «qualcuno», secondo Urzì, sarebbe proprio Noto «che ha investito tanto in questa candidatura, dando l’incarico a Federcultura di stilare un progetto serio. Poi, magari cogliendo le difficoltà delle altre città del distretto, si è deciso di camminare tutti insieme». Dietro la scelta di accodarsi a Noto e Siracusa e con l’estensione a Modica ci sarebbe stata anche «poca trasparenza» con le «parti interessate a questa scommessa fin dal primo momento, che non sono state minimamente coinvolte». Una gestione generale che per l’imprenditore è un «vero fallimento».

Tra le righe di questa storia è d’obbligo anche fare un passo indietro, e cioè al riconoscimento di capitale della cultura che il ministero ha concesso a Palermo per il 2018. Su questa linea si muove l’analisi di Paolo Patanè, capo della segreteria tecnica del sindaco Bianco e responsabile del coordinamento dei Comuni Unesco della Sicilia. «Sapevamo del riconoscimento del capoluogo siciliano a capitale del 2018, ma probabilmente non si pensava che a candidarsi in per il 2020 ci sarebbero state sei città dell’isola (le altre sono Agrigento, Messina e Ragusa, ndr). Qualora si fosse saputo prima, la cosa più interessante sarebbe stato non andare in ordine sparso», spiega Patanè. Il responsabile prosegue smorzando le polemiche: «A nostro avviso si tratta sicuramente di un salto di qualità, un passo in avanti di tutti. Abbiamo delle buone probabilità di entrare nella rosa delle dieci finaliste di novembre». Premio di consolazione o un’opportunità sfruttata bene? Per saperlo bisognerà attendere ancora un po’.

Dario De Luca

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