Le parole del neoassessore ai Beni culturali Vittorio Sgarbi sul castello di Schisò potrebbero fare saltare la vendita all’asta. L’ipotesi è emersa in queste ore e fa riferimento alla volontà della famiglia Paladino, proprietaria al momento dell’immobile, di presentare istanza di sospensione della procedura esecutiva già indetta dal Tribunale di Messina e in programma per il 20 dicembre. L’opposizione all’asta – decisa dai giudici nell’ambito di un pignoramento dei beni – scaturirebbe dalle parole espresse dal critico d’arte negli scorsi giorni e riportate dal quotidiano La Repubblica: Sgarbi, infatti, ha ammesso l’interesse del governo regionale ad acquisire il castello, tramite il Parco archeologico Naxos Taormina. Ente che dipende dalla Regione ma che ha una propria autonomia finanziaria.
Per assorbire al patrimonio regionale il sito di via Calcide Eubea, che risale al XVII secolo, il governo punterebbe sul diritto di prelazione che la legge riconosce all’ente pubblico. La normativa prevede che la Regione possa decidere entro 30 giorni di pagare all’aggiudicatario la somma con cui l’asta è andata in porto. Nel caso del castello di Schisò la base d’asta è di due milioni 152mila euro, con la possibilità per gli interessati di fare offerte partendo da una soglia più bassa del 25 per cento. Conti alla mano, quindi, la prima offerta accettabile sarebbe di un milione 614mila euro. È questa la spesa che potrebbe risultare sufficiente ad accaparrarsi i quasi 2500 metri quadrati che compongono il castello in riva al mare, compresi di residenza, opificio, magazzino e giardini.
Ma qual è il motivo per cui la famiglia Paladino è intenzionata a rivolgersi al Tribunale? Secondo quanto riferiscono fonti vicine alla famiglia, la motivazione va ricercata nel timore che le parole di Sgarbi possano in qualche modo intralciare la competizione tra i soggetti interessati. Infatti, se da una parte a concedere il diritto di prelazione è la legge, dall’altra l’annuncio – in questa fase – della concreta volontà da parte della Regione di esercitarlo potrebbe fare desistere i privati. Con la conseguenza, per gli attuali proprietari, di vedere ristretta la partecipazione all’asta, se non addirittura di scoprire che a prenderne parte potrebbe essere soltanto il Parco, che potrebbe limitarsi a presentare l’offerta più bassa.
A suffragio di questa tesi ci sarebbero diverse telefonate che, nelle scorse ore, avrebbero ricevuto i legali della famiglia Paladino. Chiamate effettuate da chi in un primo tempo aveva fatto presente il proprio interesse al castello e che invece adesso avrebbe annunciato di tirarsi indietro. Tra i motivi che scoraggerebbero i privati ci sarebbe poi la consapevolezza che, per concorrere all’aggiudicazione, è necessario depositare un anticipo a titolo di garanzia pari al dieci per cento dell’offerta. Quindi almeno 160mila euro che, stando così le cose, rischierebbero di essere versati inutilmente per poi attenderne la restituzione.
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