Casteldaccia, applausi e palloncini a funerali vittime L’omelia: «Insopportabili i rimpalli di responsabilità»

«Non c’era nessuno del governo nazionale. Siamo stati abbandonati come sempre, la Sicilia abbandonata dallo Stato». Arena Marinella è la cugina di Giuseppe Giordano, sopravvissuto alla tragedia che si è verificata nella notte tra sabato e domenica a Casteldaccia. E al termine dei funerali celebrati stamane alla Cattedrale di Palermo trova le forze per puntare il dito. Alle esequie erano presenti rappresentati delle forze dell’ordine, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto, il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque e il presidente della Regione Nello Musumeci.

«Perché non ci hanno detto del rischio?  – ripete Marinella Arina, come già aveva detto il cugino – Giuseppe ha preso in affitto questa villetta, ma non sapeva il rischio in cui metteva la sua famiglia. Altrimenti non l’avrebbe mai fatto». Intanto i nove feretri entrano portati a spalla nella cattedrale di Palermo, accompagnati dagli applausi dei tanti presenti, il dolore e la rabbia sono ancora molto forti. «Non gli è stato mai detto che era a rischio e una famiglia è stata annientata», continua la donna.

«Ora cerchiamo tutti di stare accanto alla bimba – l’unica figlia di Giordano sopravvissuta alla tragedia – anche lei è molto fragile, come il papà in questo momento. Cercheremo di stare vicini a entrambi: Giuseppe si è costruito una vita da solo con grandi sacrifici. Ha cercato di dare tutto ai figli. Ha detto che aveva scelto di andare in quella villetta per il ponte di Ognissanti perché era il compleanno di Rachele, l’altra figlia di un anno, morta nella tragedia insieme al figlio quindicenne. Voleva dare questo senso di unità alla famiglia. Ma questa unione è stata una tragedia perché erano tutti lì». Una rabbia che ha portato i parenti dei Giordano a impedire la presenza alla cerimonia ai proprietari della villetta.

«Penso che sia meglio che stiano a casa in questo momento – continua Arena – Non sono in grado di potere affrontare questa situazione in questo momento, li abbiamo bloccati, è il volere di Giuseppe e noi dobbiamo rispettare per ora tutto quello che lui desidera». E cresce la preoccupazione anche per il capofamiglia sopravvissuto, che «da quando si è verificata la tragedia non dorme, non mangia, non ragiona più. Dice solo ‘devo sistemare nove morti’».

Intanto la folla scandisce più volte il nome di Federico, il ragazzo di 15 anni annegato nel tentativo di salvare la sorellina Rachele di un anno. Nel duomo gremito, molte persone affollano anche l’area vicina all’altare, a fianco delle bare, tra cui spiccano quelle bianche davanti delle giovanissime vittime. Diversi indossano magliette bianche con la scritta «Vicini al vostro dolore». Anche all’esterno c’è moltissima gente. Un ragazzo ha avuto un lieve malore ed è stato portato a braccio fuori.

Centinaia di persone gremiscono l’interno e il sagrato della cattedrale, adornata con mazzi di fiori e decine di palloncini bianchi. La città si è fermata e in coincidenza con l’inizio dei funerali è stato osservato un minuto di silenzio, il traffico in corso Vittorio Emanuele è sospeso e i negozi chiusi fino al termine delle esequie celebrate alle 11 da monsignor Giuseppe Oliveri, il vicario generale, e dal parroco della cattedrale Filippo Sarullo perché l’arcivescovo Corrado Lorefice si trova all’estero. «In questo momento la nostra solidarietà va alla famiglia e a chi è rimasto, a Giuseppe e ai familiari – dice Sarullo – c’è la vicinanza della Chiesa tutta, e certamente saremo pronti a venire incontro a loro. Desidero rivolgere anche una preghiera per il medico che ancora non si ritrova e per la sua famiglia che ha non ha nemmeno la possibilità di vegliare una salma». 

«Certo, è lecito e forse anche doveroso che anche ci si interroghi a tutti i livelli per cercare di dare una spiegazione a quello che appare inspiegabile e comunque inaccettabile – continua monignor Oliveri – Ma speriamo vivamente che lo si faccia non per alimentare inutili polemiche o favorire il ben noto e insopportabile rimpallo di responsabilità, quanto per rendere giustizia, nella verità, a chi non c’è più e porre i necessari provvedimenti affinché si eviti il ripetersi di tali eventi. Non è questo il momento e neppure il luogo per tali considerazioni. Noi non siamo qui per compiere un gesto di umana convenienza, ma per manifestare a questa famiglia, colpita così duramente, tutta la nostra solidarietà, tutta la nostra partecipazione che qui si esprimiamo con la presenza e la preghiera». 

Antonio Mercurio

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