Poco più di quattromila abitanti nell’entroterra della Sicilia e un labirinto di case costruite lungo i fianchi di un monte che non raggiunge gli 800 metri di altezza. Castel di Iudica, 50 chilometri da Catania, torna a essere quel crocevia in cui si mischiano politica e inchieste giudiziarie. L’ultima vicenda riguarda l’imprenditore Salvatore Calderaro, sospeso dall’esercizio della professione e finito tra gli indagati dell’inchiesta Black job della guardia di finanza di Catania. Immortalato da una telecamera nascosta, dentro gli uffici dell’ispettorato del lavoro di via Battello, mentre l’ex deputato regionale Marco Forzese gli infila nel giubbotto la documentazione di una sanzione commutata al tabacchino di famiglia. Calderaro però non è solo «un grande elettore» del politico catanese, volendo usare le parole con cui quest’ultimo lo presentava al direttore Domenico Amich. L’imprenditore è tra i candidati al consiglio comunale di Castel di Iudica in una lista civica a sostegno di Salvatore Tumello.
L’aspirante primo cittadino oggi non sembra turbato, nonostante la procura accusi Calderaro di corruzione e occultamento di atto pubblico. «Ci affidiamo alla giustizia – replica contattato telefonicamente a MeridioNews – Fino a quando non sarà condannato per noi è un libero cittadino come tutti gli altri». Ancora lontani da un eventuale processo, a destare scalpore è stato sopratutto il video e quella documentazione che ieri le fiamme gialle hanno ritrovato a casa dell’imprenditore: «Non saprei dire se quel video è una prova di colpevolezza o meno e cosa significa quello che si vede», continua Tumello. A pochi giorni dalla chiusura delle liste i giochi per la composizione della squadra a sostegno del medico veterinario sembrano cosa fatta. O almeno così pare. A lasciare uno spiraglio è lo stesso candidato: «Ancora non abbiamo presentato niente di ufficiale, lo faremo giorno 11. Fino ad allora i nomi potranno essere sostituiti, non solo quello di Calderaro ma quello di tutti gli aspiranti consiglieri. Per il momento starò a vedere quello che succede».
Le antenne puntate sugli elettori del Comune calatino le aveva da tempo anche Forzese. Camaleonte della politica passato negli ultimi anni sotto decine di sigle partitiche. A non farne mistero è lo stesso ex autonomista quando si prodigava a spiegare ad Amich che certi numeri a Castel di Iudica si riuscivano a fare «grazie a questo signore qua», diceva indicando Calderaro. Ecco perché, almeno secondo gli investigatori, Forzese si sarebbe attivato per fare sparire quel fascicolo che avrebbe imposto alla mamma dell’imprenditore, titolare della società intestataria del tabacchi, il pagamento di una sanzione da 6450 euro. In cambio il politico catanese avrebbe «ricevuto la promessa di pacchetti di voti in vista delle regionali 2017», si legge nell’ordinanza. La rielezione all’Assemblea regionale però non avviene, ma i contatti tra i due proseguono anche nei mesi successivi. A entrare in scena a questo punto è l’ex governatore Raffaele Lombardo. Non indagato in questa vicenda ma storicamente affiancato alle dinamiche politiche e giudiziarie che riguardano Castel di Iudica.
Alla viglia delle politiche del 4 marzo scorso è lo stesso Lombardo a chiamare Forzese per chiedere lumi sulla situazione nel Comune calatino: «Bisogna dare una stretta – diceva al telefono a Forzese – perché sono ancora appresso ad Allegra questi cretini». Lo stesso giorno l’ex presidente della Regione veniva passato al telefono direttamente a Calderaro. Con l’ex grande capo dell’Mpa che sondava il terreno sui movimenti politici dell’attuale candidato sindaco: «Tumello come sta andando? Cammina sta candidatura, non cammina, com’è?». L’aspirante consigliere finito indagato lo rassicurava: «Cammina, cammina… ormai è quasi pronta». Segnali di fiducia che secondo gli investigatori, stando agli atti dell’inchiesta, si traducevano anche in inviti a cene riservate, come quella con Pier Ferdinando Casini. Forzese chiama e Calderaro risponde: «C’è una cena, saremo una ventina di persone, non più di tanto. Se vuoi ti organizzi e glielo dici all’amico consigliere comunale». È il 16 novembre 2017 e, sempre lo stesso giorno, l’ex deputato regionale richiama per avere lumi sull’opportunità di incontrare il presidente del consiglio comunale di Castel di Iudica: «Vedi che sta venendo a Catania, vale la pena perdere un po’ di tempo con lui?».
Nomi che rimandano anche a vicende passate che hanno avuto come protagonista assoluto proprio Lombardo. Tra i suoi accusatori nel processo per concorso esterno alla mafia e voto di scambio, per citare un caso, c’è l’ex sindaco socialista di Castel di Iudica Rosario Di Dio, politico prestato a Cosa nostra che da qualche tempo ha deciso di parlare ai magistrati sugli intrecci che lo avrebbero legato all’ex presidente. C’è poi la vicenda del consigliere comunale Gaetano Anastasi, un tempo dirigente dell’Mpa ma finito sulle pagine dei giornali per essere stato il genero di Vincenzo Basilotta. Re del movimento terra, morto nel 2015, rimasto imbrigliato in alcune inchieste per mafia prima di vedersi annullata la condanna in Cassazione. Beneficiario dei lavori di ristrutturazione e costruzione di una piscina nel 2003 nella casa in campagna dell’allora governatore, a Ramacca, intestata alla moglie Saveria Grosso. «Il calcestruzzo utilizzato per i lavori proveniva dalla ditta di un esponente mafioso di Palagonia – raccontava a processo il maggiore del Ros Lucio Arcidiacono – 200 camion di terra vegetale vennero portati dal centro commerciale Porte di Catania, allora in costruzione».
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