«Sta succedendo qualcosa di paradossale. Qualcosa che mi sembra uscita da un romanzo di Kafka: a quanto pare non è avvenuto il passaggio di consegne del casolare perché l’indirizzo della notifica dell’esproprio era sbagliato. Per la seconda volta». Si dice amareggiato Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978. Sembrava che la storia infinita del casolare in cui l’attivista è stato torturato a morte fosse arrivata a un lieto epilogo e invece è arrivato l’ennesimo intoppo a rinviare tutto, anche se di poco.
Questa volta il problema è stato legato alla burocrazia e a un errore, quello di notifica al proprietario del terreno, che ha dell’incredibile. «L’altro ieri ero sul posto – racconta Giovanni – non per questa cosa, nessuno mi aveva convocato. C’erano i tecnici della proprietà che si opponevano alla consegna perché non avevano ricevuto nessuna notifica. Certo, il passaggio sarebbe potuto avvenire lì, seduta stante, ma purtroppo fino all’ultimo ci deve essere ostruzionismo».
L’esproprio è comunque andato in porto, le carte in Regione sono state firmate e come spiega anche Impastato, «manca soltanto la notifica giusta e il passaggio di consegne». E lo conferma anche il proprietario del casolare, Giuseppe Venuti, che a MeridioNews racconta: «Se lo sono presi. Lo hanno confiscato, non so come dire. Io l’ho saputo il giorno prima, dal telegiornale. Oramai è inutile fare ricorso, non ha senso».
Venuti ribadisce da tempo la sua disponibilità a cedere il terreno, il nodo è sempre stato quello relativo al corrispettivo economico. «Quando ho visto che del casolare non si interessava nessuno e volevo acquistarlo – dice Impastato – mi ha chiesto 550 mila euro. Sosteneva che questo luogo aveva assunto un valore enorme perché lì era stato ucciso Peppino». Una versione parzialmente confermata da Venuti. «Non ho creato nessun problema – replica – non ho offeso nessuno e non voglio mortificare nessuno. Avevo venduto a Impastato, che mi ha cercato. Questo ragazzo era anche un compagno mio di classe. Anziché ringraziarmi per avere comprato questa casa, che a quest’ora non ci sarebbe più, ho ricevuto solo schiaffi e accuse di avidità». E sul terreno: «Ha un valore unico, è come un francobollo antico. L’ho preso perché mi faceva piacere tenerlo, non distruggerlo e poi mi sono ritrovato qualcosa di grande».
La particella di terreno in cui si trova il casolare, adiacente a un appezzamento già di proprietà della famiglia Venuti, era stata acquistata da Giuseppe nei primi anni ’80, a detta dell’imprenditore cinisaro per «cento milioni di lire». E alla domanda se l’esproprio fosse stato deciso per pagare la proprietà meno del suo valore, la sua risposta è stata: «Immagino di sì».
Sul futuro del casolare, tanto Giovanni Impastato quanto Giuseppe Venuti, tuttavia, sembrano avere la stessa speranza. «La previsione è che una volta completato l’esproprio il proprietario diventerà la Regione, che lo darà in gestione per 99 anni alla Città metropolitana di Palermo. Molto probabilmente poi la competenza andrà al Comune di Cinisi, che deciderà se gestirlo o affidarlo a qualche associazione. Noi come Casa memoria siamo disponibilissimi a gestirlo, ma a me sta pure bene che lo gestisca il Comune e che diventi qualcosa d’utilità pubblica, l’importante è che lo curino».
«Mi auguro che lo trattino bene e che facciano ricordare quel ragazzo nel modo giusto – dice da par suo Venturi – Il terreno si trova vicino all’aeroporto, devono mettere un obelisco che possa essere visto da tutte le persone che arrivano. Se poi vogliono ricordare anche la mia famiglia mi fa anche piacere».
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