Il sequestro a Tecnis, effettuato dalla Direzione investigativa antimafia di Salerno, riaccende i riflettori sull’inchiesta Porta ovest. Nome scelto dagli inquirenti campani per rimandare direttamente alla maxi opera di collegamento viario voluta dall’autorità portuale salernitana, all’epoca dei fatti presieduta da Andrea Annunziata. L’avvocato partenopeo, in carica dal 2013 al 2016, da quest’anno occupa il vertice dell’ente portuale che raggruppa gli scali marittimi riuniti della Sicilia orientale di Catania e Augusta. Succedendo ai piedi dell’Etna alla gestione commissariale del contrammiraglio Nunzio Martello.
Esperto in logistica e trasporti, con un passato da sottosegretario nel governo di centrosinistra di Romano Prodi, Annunziata compare nella lista dei 35 indagati nell’indagine dei pm Rocca Alfano e Vincenzo Senatore. Un lungo elenco composto da imprenditori e diversi vertici societari di Tecnis, come Riccardo Acernese, Giuseppe Miceli, Vincenzo Manganiello e Mario Vitale.
Secondo l’accusa Annunziata, da presidente dell’autorità portuale di Salerno, insieme al direttore dei lavori e ai due responsabili unici del procedimento, avrebbe omesso di procedere con la risoluzione contrattuale nei confronti della ditta Ritonnaro-Costruzioni. Responsabile, all’epoca dei fatti, di «avere del tutto disatteso la tempistica del cronoprogramma», si legge nei documenti della procura. La mancata sospensione, secondo i pm, avrebbe messo da parte anche il pagamento delle penali legate ai ritardi accumulati.
I magistrati contestano ad Annunziata, insieme ad Ernesto Gismondi, anche l’aggiudicazione diretta concessa alla Artemide Italia. L’imprenditore, originario di Sanremo, avrebbe beneficiato di «un ingiusto vantaggio patrimoniale», spiegano i documenti, per la fornitura di due sistemi di illuminazione per un importo complessivo di oltre 150mila euro.
Non solo appalti ma anche nomine. Nel mirino degli investigatori è finita anche quella concessa dall’allora presidente dell’autorità portuale ad Alessandro Macchi. L’ingegnere, incaricato per fare da supporto al responsabile unico del procedimento, secondo i magistrati doveva essere scelto in maniera diversa. I conti, secondo la procura salentina, alla fine non tornano e segnano un rosso legato a un presunto ingiusto guadagno per oltre 250mila euro. Soldi pubblici che sarebbero stati sbordati dall’ente controllato dal ministero delle Infrastrutture per la realizzazione di «meri report fra il 2009 e il 2014», mentre l’incarico avrebbe riguardato compiti ben più gravosi.
Dal primo al secondo lotto di lavori torna ancora il nome di Annunziata e, in questo filone, anche quello del colosso degli appalti Tecnis. La società etnea, capofila di un’associazione temporanea d’imprese composta dalle consorelle Cogip e Pavesi, dopo avere presentato l’offerta per Porta ovest riceve il massimo punteggio da tutti i componenti della commissione esaminatrice. Un insieme di professionisti, diretti dal presidente Antonio Valente, chiamati a valutare le proposte per un appalto stralcio da 116 milioni di euro.
Per i magistrati il programma di Tecnis «non poteva essere oggetto di valutazione, e quindi doveva assumere valore zero, in quanto solo formalmente si trattava di una proposta migliorativa, ma in realtà era a tutti gli effetti una variante sostanziale al progetto definitivo posto a base di gara». Una «violazione di legge macroscopica», come viene bollata dagli inquirenti nei documenti, poi vidimata in maniera definitiva da Annunziata. Subito dopo, a finire sott’accusa, è anche il progetto esecutivo predisposto da Tecnis. Indicato come «difforme» da quello definitivo. Uno stravolgimento «immotivato», che sarebbe stato dettato dalla volontà di Tecnis di ridurre i costi e, per i magistrati, di incrementare l’importo del contratto con modifiche all’opera. Tra queste anche un nuovo passaggio, inizialmente non previsto, che avrebbe intercettato una falda acquifera causando un «significativo pregiudizio ambientale».
A Tecnis, ritornando ai passaggi che hanno portato al sequestro preventivo per equivalente, vengono contestati anche alcuni rapporti finanziari collegati allo stato d’avanzamento dei lavori. Otto bonifici con le somme che secondo la procura erano vincolate al pagamento dei lotti di cantiere ma che, invece, sarebbero stati dirottati dal colosso degli appalti per altre incombenze a livello societario. A Catania, forse per uno strano scherzo del destino, Annunziata ha trovato in cantiere una delle più grosse opere che riguardano il porto, quello relativo alla costruzione della nuova darsena, finito al centro di un’inchiesta della procura etnea. L’inchiesta, ormai conclusa, ha un solo rinviato a giudizio. Si tratta del direttore dei lavori Pietro Viviano. Non luogo a procedere, invece, per gli altri quattro indagati tra cui l’ex presidente del consiglio d’amministrazione Riccardo Acernese.
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