Nove anni, da gennaio 2006 a novembre 2015. Questo il lasso di tempo finito sotto la lente degli investigatori, che hanno letteralmente studiato ogni dettaglio della situazione economica della famiglia Saguto-Caramma. Una panoramica sin dal principio caratterizzata da aspetti negativi, a detta di Roberto Sorino, maresciallo aiutante del nucleo di polizia tributaria che ha partecipato alle indagini. «Dal 2007 al 2015 le entrate della famiglia ammontano in totale a circa tre milioni di euro, mentre le uscite superano di poco questa cifra. In pratica, c’è un differenziale negativo di circa 36mila euro», spiega il maresciallo, sentito dai giudici davanti cui si sta celebrando il processo per la presunta mala gestio dei beni confiscati ad opera dell’ex presidente della sezione, Silvana Saguto, e degli altri imputati insieme a lei, tra amministratori giudiziari, coadiutori, avvocati, parenti, amici.
È un esame approfondito, quello dei finanzieri che investigano, che scandaglia ogni versamento e ogni uscita, ogni mutuo, finanziamento e ipoteca. Fino a una panoramica altrettanto dettagliata sulla situazione economica del marito della magistrata, Lorenzo Caramma, e dei suoi rapporti con l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Non sono poche, infatti, a sentire il resoconto del teste, le anomalie riscontrate dalla verifica delle liquidazioni dovute all’ingegnere in base alle pratiche e ai sequestri a cui aveva collaborato. «Il suo capitale sociale nel 2008 inizia a crescere – racconta il teste -. Poi abbiamo notato che dopo alcuni attacchi mediatici, soprattutto da parte dell’emittente Telejato, che puntavano a mettere in evidenza questi rapporti fra il marito di Saguto e Cappellano Seminara, il volume d’affari di Caramma effettivamente si riduce. Contestualmente aumentano i versamenti in denaro contante sui conti correnti della famiglia».
Ma le anomalie continuano, ce ne sono anno per anno. Come per la procedura che ha riguardato la Orima srl: «Nel 2014 Caramma ha emesso una fattura di 1800 euro, la causale era la solita, manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi. Ma intanto il compenso di fatto autorizzato dal tribunale era di 900 euro bimestrali». Eppure, per i mesi di novembre e dicembre del 2013 la cifra che risulta spettare al marito della magistrata è il doppio. «Oltre a liquidazioni maggiorate, ci sono anche prestazioni già fatturate che gli vengono pagate una seconda volta, malgrado la stessa cifra sia stata già percepita in precedenza». Insomma, compensi gonfiati, in alcuni casi maggiorati di poco, centinaia di euro che non risultano dichiarati e rintracciabili, o raddoppiati; oppure prestazioni lavorative pagate al momento del saldo finale e poi di nuovo a pochi mesi di distanza. «Ci sono continue erogazioni in eccesso, si arriva anche a superare di ottomila euro il compenso finale stabilito dal tribunale o a pagamenti di diecimila euro cui non corrisponde alcuna fattura giustificativa, pagamenti non documentati, e ancora fatture emesse a sequestri ormai revocati».
È un esame, quello del maresciallo Sorino, che tuttavia qualcuno avrebbe voluto non si verificasse affatto. «Ne chiedo la revoca», dice infatti pochi minuti prima l’avvocato Liborio Pastorello, difensore di Calogero Manta, Maria Ingrao e Carmelo Provenzano. «Durante l’udienza precedente sono stati prodotti degli atti relativi a un procedimento parallelo che riguarda soggetti poi sentiti qui come testi, un dato legato alle intercettazioni ambientali disposte prima con decreto d’urgenza e solo dopo convalidate del gip su due auto, una in uso a Provenzano e moglie, e l’altra a Pagano (che ha testimoniato al processo a giugno) e moglie». L’ascolto delle intercettazioni captate nell’auto di Provenzano viene svolta proprio da Sorino. «C’era qualcuno che sapeva benissimo cosa sarebbe avvenuto in udienza, mentre noi studiavamo ogni possibile risposta, ci saranno ore e ore di intercettazione», spiega l’avvocato. Ma il giudice decide di proseguire con l’esame: «L’eventuale e incidentale conoscenza del teste della strategia difensiva degli imputati non può in alcun modo assumere rilievo in ordine alle dichiarazione che lo stesso deve rendere su fatti pregressi e oggetto dell’ipotesi accusatoria oggi al vaglio del tribunale».
E dopo averlo ascoltato parlare per circa due ore, ecco l’avvocato Pastorello prendere di nuovo la parola, ma sarà per l’ultima volta: «È uno dei momenti più neri della mia professione – inizia -. Oggi ho coltivato l’intenzione di rinunciare al mandato difensivo per Ingrao, Provenzano e Manta, ed è la prima volta che mi capita in 25 anni di carriera. Non voglio lasciare così questo ruolo che mi ha impegnato giorno e notte e mi ha portato a studiare pagina per pagina, sospiro per sospiro di questo processo, ho addosso la sensazione di essere disarmato. Ho grande rispetto per questo tribunale, sono consapevole di aver speso tutte le energie possibili dal punto di vista tecnico, temo che in quest’aula si sia verificato qualcosa che abbia messo in dubbio la mia credibilità come professionista». Resta, quindi, a continuare il suo lavoro il collega Antonio Falzone, con cui già curava la difesa dei tre imputati
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