«Mi aspetto un’assoluzione che ritengo essere sacrosanta». Raffaele Lombardo torna nelle aule di giustizia del tribunale di Catania per difendersi in uno dei tanti processi che lo vedono alla sbarra come imputato. La vicenda in questo caso è quella risalente all’ormai lontano maggio 2007. In quella data la società aeroporto Catania (Sac), di cui Lombardo era componente del consiglio d’amministrazione in qualità di presidente della provincia etnea, affidò senza gara pubblica, alla Pubbliservizi Spa l’appalto per la pulizia della nuova aerostazione dell’aeroporto Vincenzo Bellini. L’ex governatore siciliano rischia una condanna a due anni e sei mesi. A chiederla il pubblico ministero Angelo Busacca che durante la requisitoria lo ha definito «un dominus con posizione apicale», chiedendo il massimo della pena rispetto agli altri sei imputati.
Prima della decisione, che era attesa per la mattinata odierna, è stata data a Lombardo, dal collegio presieduto da Maria Pia Urso, la possibilità di rendere dichiarazioni spontanee. «Non c’è stato nessun affidamento in house – ha spiegato l’imputato – ma solo un’appalto concesso per quattro mesi, ossia un tempo determinato in attesa di fare la gara pubblica». Quattro mesi che poi, a causa delle proroghe diventarono oltre un anno. «Questo spiega – prosegue Lombardo – quanto fossero lunghe le procedure per bandire una nuova gara d’appalto», poi vinta dalla cooperativa emiliana Operosa.
Stando alla tesi dell’accusa l’affidamento senza gara pubblica avrebbe causato «un ingiusto danno alle imprese concorrenti a cui non era consentito partecipare». Su questo punto l’ex leader autonomista si affida alla lettura di alcuni verbali del consiglio d’amministrazione in cui si parlava di «lavori eseguiti malissimo» da parte della Co.Lo.Coop, società aveva in gestione il servizio prima dell’affidamento alla partecipata della Provincia.
Tra i vari passaggi scandagliati dall’accusa c’è anche il capitolo che riguarderebbe, all’epoca, «una precisa volontà di favorire» la Pubbliservizi con il fine di «mantenere gli standard lavorativi e favorire nuove assunzioni». «Non c’è stato nessun utile – ha replicato Lombardo in aula – la partecipata si limitò ad assorbire 45 lavoratori. Io – conclude – ho reso un grande servizio alla Sac, all’aeroporto di Catania e ai lavoratori».
A far slittare la decisione su questa vicenda è stata la scelta da parte dell’accusa di produrre una replica scritta con 13 precisazioni rispetto alle arringhe difensive che nella precedente udienza avevano sostenuto gli avvocati degli imputati. «Non è vero – si legge in uno dei punti del documento – che non si poteva prorogare il contratto alla ditta uscente. Questo venne fatto fino al giorno dell’inaugurazione della aerostazione. La Pubbliservizi fu incaricata per il periodo successivo alla cerimonia come emerse durante il consiglio d’amministrazione del 7 maggio». Su questi passaggi l’avvocato Giovanni Grasso, difensore di Stefano Maria Ridolfo all’epoca dei fatti presidente del consiglio d’amministrazione della Sac ed ex sindaco di San Michele di Ganzaria (2 anni la richiesta dell’accusa ndr.), ha chiesto la possibilità di fare delle controrepliche che sanciranno l’ultima parola, prima della sentenza, su questa vicenda.
Con Lombardo e Ridolfo, alla sbarra ci sono Giacomo Di Blasi, direttore generale in quel periodo della partecipata della provincia etnea che si occupa di servizi integrati, Michele Sineri, Alfio D’Urso, Sebastiano Paladino, Giuseppe Gitto, tutti componenti del consiglio d’amministrazione della società aeroporto Catania. Per loro l’accusa ha chiesto la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione.
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